VISTO&RIVISTO Un po’ di retorica ma con stile

minchella visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

CHI SEGNA VINCE, di Taika Waititi (Next Goal Wins, Stati Uniti- Regno Unito 2023, 104 min.).

Taika Waititi dopo aver riempito il cassetto personale con un altro film di supereroi, l’ennesimo capitolo di “Thor”, torna alla commedia e lo fa con una storia la cui originalità e unicità superano di gran lunga la qualità della pellicola stessa. Siamo lontani dal livello artistico di” Jojo Rabbit”, per cui Waititi, che scrive sempre i suoi film, ha vinto l’Oscar per la sceneggiatura non originale, ma il risultato finale è comunque apprezzabile. Il regista neozelandese, infatti, ci restituisce una vicenda che molti non conoscono e che si presta perfettamente ad una iconografia interessante e sincera dei valori e delle qualità sempre più rari nel mondo occidentale.

Le parecchie leggerezze narrative e stilistiche vengono compensate dalla capacità drammaturgica dell’autore di descrivere e cristallizzare in maniera sempre molto puntuale i personaggi protagonisti della storia. Il ritmo, a tratti troppo leggero e scanzonato, fa però trapelare un interessante punto di vista su temi che dovrebbero stare a cuore, quasi ossessivamente, alla società contemporanea ormai divorata dal desiderio di perfezione, dall’esasperazione dei ritmi di vita e dalla difficoltà di mettere in pratica una necessaria e inderogabile integrazione tra le vare diversità presenti sul pianeta.

La storia di “Chi Segna Vince” è una storia di calcio, di sport, di amicizia di rivincita. La nazionale di calcio delle Samoa Americane nel 2001 fu protagonista di una delle sconfitte più imbarazzanti della storia del calcio. Nell’incontro valido per le qualificazioni per il mondiale del 2002 perse contro l’Australia 0 a 31. Quel risultato condannò la squadra ad una eterna ed indelebile etichetta catastrofica. Fino a quando non fu mandato, un po’ per punizione un po’ per redenzione, lo statunitense di origini olandesi Thomas Rongen. Dopo parecchi insuccessi in terra americana, il preparatore fu spedito in quel remoto arcipelago dell’Oceano Pacifico, che è un territorio degli Sati Uniti, per cercare di risollevare la nazionale di calcio e di darle l’opportunità di non essere esclusa definitivamente dalla Fifa.

La pellicola ci racconta, non senza un sovradosaggio di retorica e di buonismo anacronistico, di come le sconfitte siano fondamentali per la serenità di un individuo e, di conseguenza, di una comunità. Solo un clamoroso insuccesso può insegnarci a superare gli ostacoli. Solo una sconfitta può fornirci i necessari anticorpi per una futura vittoria. Concetto ovvio ma mai abbastanza assimilato dal mondo di oggi che sembra non contemplare più l’errore o l’insuccesso. Andare più piano e riflettere qualche istante in più viene ormai confuso con l’incapacità di agire e la paura dell’azione. In questo capovolgimento della realtà chi si prende del tempo e chi, dopo essere stato sconfitto, torna più forte e sereno di prima viene scambiato per un pazzo o per una sorta di alieno che non ha compreso bene le dinamiche del mondo moderno intento a generare profitto e successi nel più breve tempo possibile. Questo film ci diverte e sottolinea come gli insuccessi personali e i dolori, come quello di Rongen, possono, anzi devono, diventare energia vitale per invertire la catena dell’insuccesso e trasformarla in una stagione di rivincite e soddisfazioni.

Waitiiti, che prende il calcio come pretesto, punta il riflettore, e questo forse è l’aspetto più riuscito del film, sul personaggio di Jaiyah Saelua, prima giocatrice di calcio transessuale. Forse, se puliamo la pellicola dalle trovate narrative, inserite per divertire il pubblico, rimane impressa una storia di emancipazione e di rivendicazione di diritti più forte e più potente di tutto il film. Solo in una società che sa prendersi in giro c’è spazio per una integrazione tra le minoranze che sono percepite come individualità preziose, e non come pericolose diversità. Questo elemento drammaturgico dà la forza necessaria ad un film che altrimenti resterebbe troppo superficiale e didascalico.

Michael Fassbender, Elisabeth Moss e lo stesso Waititi affiancano un cast “indigeno” capace e abbastanza credibile. La musica di Giacchino diluisce con ritmo sensazioni ed emozioni che si staccano dalla pellicola.

***

RIVISTO

INVICTUS, di Clint Eastwood (Stati Uniti- Sud Africa 2009, 134 min.).

Una storia vera raccontata magistralmente dal gigante Eastwood. Damon e Freeman interpretano perfettamente due protagonisti di una vicenda che diventa mitografia del riscatto e della speranza.

Una rivincita umana che si fonde con la simbologia sportiva da sempre iconografia del senso di appartenenza di un popola alla sua terra. Sublime e necessario.

minchella visto rivisto – MALPENSA24