VISTO&RIVISTO Una fiaba sussurrata per anime gentili e sognatrici

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di Andrea Minchella

VISTO

PONYO SULLA SCOGLIERA, di Hayao Miyazaki (Gake No Ue No Ponyo, Giappone 2008, 101 min.).

Una vera e propria epifania. Una preghiera laica potente e dolcissima del “sacerdote” Hayao Miyazaki nei confronti della natura. E non solo. “Ponyo” è un resoconto poetico e viscerale della vita, del diventare grandi, dell’emancipazione, della libertà, dell’inclusione, dell’amicizia e del valore delle promesse. “Ponyo” è un affresco dettagliato e mitografico della visione gentile che il genio giapponese ha del mondo e delle sue creature. “Ponyo” è una dichiarazione d’amore nei confronti del disegno, quello puro, che ha riportato Miyazaki a disegnare, insieme a un numero considerevole di collaboratori, migliaia di tavole come si faceva una volta. Messa in soffitta la tecnica computerizzata, l’autore del Sol Levante incide sul foglio con una semplice matita la sconfinata potenza del mare e la gigantesca dolcezza dei due protagonisti della vicenda.

Un capolavoro, il dodicesimo film di Miyazaki, che scalda i cuori di tutte quelle persone stanche del frastuono e dell’arroganza sempre più presenti nel mondo e nella maggior parte dei film, anche d’animazione, che circolano indisturbati nelle sale e nei televisori di tutto il mondo. “Ponyo” è un respiro profondo, ancestrale e intrinseco, che ci riporta ad un’età primordiale, quando le nostre percezioni si intrecciavano con la natura ed i suoi abitanti, quando le nostre sensazioni si adagiavano sulla nostra immaginazione che trasformava ogni cosa in un viaggio magico ed onirico.

La vicenda si svolge in una piccola città di pescatori in cui vive Sosuke, un bambino di cinque anni, e sua madre Risa che lavora in una casa di riposo adiacente l’asilo della città. Il padre del bambino, Koichi, è marinaio e spesso fuori casa. Un giorno Sosuke trova in mare un pesce rosso che sembra disorientato. Lo porta a casa e gli dà il nome di Ponyo. Quel pesce in realtà appartiene ad un mondo sommerso in cui le creature cercano di vivere senza alcun contatto con gli umani che potrebbe compromettere definitivamente l’equilibrio del mondo intero. Ma Ponyo e il suo desiderio di diventare una bambina, soprattutto dopo aver incontrato il piccolo Sosuke, scombineranno i piani del mago/scienziato Fujimoto, papà di Ponyo, il cui vero nome è Brunilde, il quale si metterà subito alla ricerca della figlia/pesce per evitare che possa entrare in contatto con gli umani, e per riportarla nelle profondità del mare. Il suo tentativo sarà vano anche perché il desiderio di Ponyo di diventare un essere umano è forte e potente. Anche l’intervento della madre di Ponyo, una sorta di divinità marina che può plasmare ogni cosa con la sua luce e il suo tocco, darà una possibilità unica e preziosa alla piccola Ponyo.

Il vero protagonista del film, oltre che i personaggi finemente scolpiti dalla magia artigianale di Miyazaki, è il mare e le sue onde. Come un brodo primordiale, il mare, disegnato spesso proprio dalla mano del regista giapponese, ci sommerge e ci culla per tutta la durata del film. Il mare avvolge l’intera vicenda e restituisce a noi spettatori una gentilezza stilistica che si fonde perfettamente con una colonna sonora fatta di musiche e atmosfere che rimandano alla dolcezza e alla spontaneità dell’espressione più vera della natura.

Un po’ Pinocchio, un po’ Peter Pan, “Ponyo” racchiude in sé molte citazioni di fiabe e favole che ci hanno accompagnato durante tutta la nostra vita. “Ponyo” è una fiaba universale che può incantare i bambini di tutto il mondo e di ogni età. “Ponyo” è una poesia delicata per tutti gli adulti che non hanno ancora deciso di abbandonare definitivamente i costumi, i sogni e i desideri del bambino che sono stati e che continua a vivere in loro.

Negli Stati Uniti l’adattamento dei dialoghi è stato realizzato da Melissa Mathison che nel 1982 fece conoscere al mondo intero la sua più grande e dolce creatura: E.T. L’extraterrestre. Sul soggetto e la sceneggiatura della Mathison, Spielberg realizzò il suo film, forse, più iconografico e più sentimentale.

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RIVISTO

RE DELLA TERRA SELVAGGIA, di Benh Zeitlin (Beasts of the Southern Wild, Stati Uniti 2012, 93 min.).

A proposito di fiabe, questo film è magico, intimo e coinvolgente come le migliori favole che siano mai state raccontate.

Sullo sfondo di un’America disperata e dimenticata, la fantasia e l’amore diventano le vere protagoniste di un intreccio tra uomo e natura che diventa forza inarrestabile per una bambina dolce e tenace che decide di intraprendere un viaggio lungo e difficile pur di ritrovare un pezzo di felicità in un mondo pieno di dolore e indifferenza. Potente e sussurrato. Da rivedere.

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