Data annullata, Pandetta si difende: «Grazie alla musica non delinquo più»

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BUSTO ARSIZIO – «Lo scopo era un’opera di bene. Di solito non lo dico quando ne faccio, però questa volta sono costretto a parlarne». Così Niko Pandetta, cantante neomelodico, ha commentato l’annullamento deciso dal Comune della sua esibizione di oggi, venerdì 7 febbraio, a Bollate. L’artista catanese, che ha appena pubblicato il singolo “La mia Lambo” e vanta milioni di visualizzazioni su YouTube, è nipote del boss ergastolano Turi Cappello e ha scontato diversi anni di detenzione; i suoi video ospitano diversi riferimenti all’immaginario malavitoso ma ora, come ha voluto replicare da Busto Arsizio, il suo unico interesse è la musica, che gli dà un lavoro.

«Non farò più quei pezzi»

«Non sono cose belle. Non capisco questo accanimento verso i neomelodici», ha esordito Pandetta nella sede di La Mia Voce Ovunque, multiservizi guidata da Monica Guanzini che offre ai detenuti percorsi di reinserimento lavorativo. Il concerto alla pizzeria Cariva doveva servire a regalare una carrozzina da hockey a un fan disabile di Vigevano, che ha confermato con un video su facebook. Ma canzoni come “Dedicata a te”, sullo zio sottoposto al 41bis, non depongono a favore del musicista, che ha annunciato: «Non è più in scaletta. È stata la mia prima canzone, quando ero ancora agli arresti domiciliari. Quei pezzi li ho tolti, non li farò più. Le canzoni neomelodiche sono soprattutto d’amore, raccontano vicende di vita. Ho anche un progetto trap, però ora ho paura a proporlo».

«È giusto che ci sia la legge»

«Non ho dato addosso allo Stato o alla polizia: è giusto che ci sia la legge e che chi sbaglia paghi. Io sto pagando tutto e ho in corso altri processi, sarà il magistrato a decidere», ha continuato il cantante, sottolineando che, se si va a vedere, la maggior parte dei suoi familiari sono incensurati. Ma allo stesso tempo non può trascurare ciò che lo zio ha fatto per lui: «Devo ringraziarlo, è stato come un padre in assenza di quello che non ho mai avuto. Mi ha sempre detto di lavorare: quando è venuto a sapere che avevo commesso dei reati, si è arrabbiato e ha smesso di scrivermi. Io ho sbagliato, ma non ho mai ucciso. E grazie alla mia musica non delinquo più: oggi ho un lavoro e una famiglia, con una bambina di sette anni, da mandare avanti».

«Voglio solo lavorare»

Un punto che il musicista ha voluto ribadire, anche per quanto riguarda i legami a lui attribuiti con la criminalità organizzata: «Non mi interessa la mafia, io faccio il cantante. I reati di cui sono stato accusato non sono di mafia, ma comuni: voglio solo lavorare. Mi son fatto dieci anni e ho pagato; ma ora ho una bambina che, per quello che è venuto fuori sui giornali, sta male a casa. E sto male pure io».
Guanzini ha avanzato critiche sulle modalità con cui è stato cancellato l’evento. «Mi devono spiegare cosa significa reinserimento, cosa succede dopo il carcere. Avete paura di farvi una brutta reputazione? Se ci sono dubbi esiste la magistratura e possono partire vari controlli. Il sindaco di Bollate sarebbe stato più carino a chiamarci per parlare, noi siamo sempre disponibili. A questo punto chiudi anche i bar, perché nei bar entra il mondo». Con una precisazione: «Nei miei limiti, do delle possibilità. E se non hai voglia di ricominciare te ne torni a casa sui tuoi piedi. Quando si cade e ci si deve rialzare, è difficile stare in piedi. Ora la mia domanda è: possiamo ricominciare?».

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