MILANO – Maria Rita Gismondo, direttore del laboratorio di Microbiologia Clinica dell’ospedale Sacco, invita ad abbassare i toni rispetto al coronavirus: “A me sembra una follia: qui si è scambiata un’infezione appena più seria di una influenza per una pandemia, ma non è così”. Le risponde Roberto Burioni, uno dei massimi esperti virologi: “Influenza? Scemenza gigantesca: i numeri dicono altro”. Chi ha ragione? Una contrapposizione che non aiuta a capire né, tanto meno, a rasserenare.
Scenario allarmante
Situazione allarmante anche per i drastici provvedimenti della Regione Lombardia, tesi a contenere la diffusione del Covid-19, che si trasmette velocemente. Un contesto che finisce per generare molto più della semplice preoccupazione collettiva, sconfinando in molti casi nel panico. Di sicuro non è il caso, anche perché i divieti imposti dall’ordinanza firmata dal governatore Attilio Fontana hanno soltanto scopo precauzionale, e così dovrebbero essere interpretati. Divieti pesanti, quanto necessari e, si spera, limitati nel tempo.,
Una società fragile
Nel frattempo però, è cominciata la corsa agli approvvigionamenti di generi di prima necessità, come pasta e carne. I supermercati sono letteralmente presi d’assalto, a conferma della grande paura che si va diffondendo tra la gente. Lunghe code alla casse, scaffali che si svuotano rapidamente. “Non si sa mai” è la giustificazione delle persone che oggi, domenica 23 febbraio, hanno affollato i centri commerciali anche in provincia di Varese, come mai era accaduto, nemmeno nei giorni precedenti il Natale. Il “coprifuoco” nei paesi dove si è sviluppato il focolaio principale, con l’invito a rimanere chiusi in casa e la proibizione ad entrare e uscire dai confini comunali, è il motivo scatenante: si teme che ciò possa accadere anche altrove. “Siamo una società fragile” scrive Beppe Severgnini sul Corriere della Sera. Come dargli torto?