La legge sull’aborto getta la Polonia nel caos

Intervista a una delle attiviste del movimento femminile che si è scontrato ieri con la polizia

Le leggi anti-aborto gettano la Polonia del caos. Le donne sono scese nuovamente in piazza ieri sera per protestare contro le norme del governo di Varsavia che restringono i paletti per l’interruzione di gravidanza. La polizia ha attaccato i lunghi cortei femminili con manganelli e gas lacrimogeni, arrestando numerose persone. Ma il movimento femminile non intende retrocedere di fronte alle violenze – come spiega da Ewa Lang, una delle attiviste per i diritti civili, intervistata in esclusiva per Malpensa24 – e si prepara a una lunga battaglia nel cuore dell’Unione Europea.

di Carlo Pedroli e Alessandro Ronchetti

Le proteste continuano ad oltranza dal 22 ottobre. Migliaia di donne, ogni giorno, scendono in strada occupando le piazze di Varsavia, Katowice, Cracovia e di tutte le principali città polacche. Sono le ragazze di Strajk Kobiet, il movimento nato nel 2016. Ewa Lang, attivista di Strajk Kobiet, fa il punto su ciò che sta accadendo.

“Strajk Kobiet nasce quando si inizia a parlare della possibile modifica della legge sull’aborto. Non so se ricordate, ma migliaia di donne erano scese in piazza portando con sé un ombrello nero. Pochi giorni dopo, questa protesta diede voce a donne anche fuori dal confine nazionale e dilagò in Argentina. Il movimento si occupa di emancipazione femminile, lotta alla violenza contro le donne e salvaguardia dei diritti civili. Ed è tornato protagonista in seguito alla volontà del governo polacco di rendere illegale il ricorso all’aborto nel caso di gravi malformazioni del feto. Le donne, dunque, sono scese ancora una volta in piazza”.

In Polonia è stata quindi una risposta spontanea e popolare?

“Esatto. L’organizzazione nasce dal basso. Come nel mio caso: ho deciso di fondare un gruppo per ragazze che come me volevano partecipare alle proteste”.

Qual è il ruolo dei social network nell’organizzazione delle proteste e del movimento?

“Fondamentale, non solo per organizzarci, ma anche per denunciare le violenze della polizia. Negli ultimi mesi, le forze dell’ordine si sono rese protagoniste di violenze atte a reprimere le proteste delle donne. I video di questi scontri hanno fatto il giro del mondo, in questo senso i social sono stati fondamentali per denunciare questi soprusi. I dimostranti hanno i cellulari, possono riprendere e diffondere i propri video nella rete per denunciare la situazione ed evitare un’escalation: bisogna evitare che le proteste non violente vengano represse con la forza.”

A proposito di violenza, in Polonia sembra che la polizia abbia perso il controllo della situazione. 

“Sì, il governo ha perso il controllo e manda la polizia nelle strade per impedire le proteste con la forza. Ci sono stati arresti di giornalisti e di persone che stavano semplicemente manifestando in modo pacifico. Bisogna sottolinearlo, le proteste sono sempre state pacifiche, non c’è violenza nelle manifestazioni di noi donne. Ma il governo risponde alla non violenza mandando centinaia di agenti sotto copertura tra la folla”.

È possibile tollerare questi avvenimenti in un Paese che fa parte dell’Unione Europea?

“Qualche tempo fa era impensabile una tale presa di posizione da parte di un governo europeo. Ora in Polonia l’autorità centrale sta cercando di mostrare i muscoli. Ma fare parte dell’Unione Europea per noi è un vantaggio e un privilegio”.

C’è quindi il rischio che l’attuale governo e partito di governo possano portare la Polonia fuori dall’Unione Europea?

“Spero sinceramente di no, ma si stanno muovendo verso quella direzione”.

L’eco delle proteste si sente anche in Italia. Strajk Kobiet è arrivato a Milano?

“Strajk Kobiet sta prendendo piede anche in altri paesi: abbiamo attiviste anche a Bali. Ho parlato personalmente con molte donne italiane che si sono mostrate solidali alla causa polacca. Vedremo”.