Busto vs Varese, inutile contrapposizione

busto versus varese

Busto versus Varese, ovvero un derby d’altri tempi. E non solo calcisticamente, s’intende. Quello andato in onda nelle ultime ore tra la vice sindaco leghista di Busto Isabella Tovaglieri e il presidente del Consiglio comunale della stessa città, PD, Valerio Mariani, riporta la memoria politica indietro nel tempo, quando la rivalità tra le due città si consumava ogni giorno e sulle tematiche più diverse.
Oggi, seppellita l’ascia di guerra, pensa Tovaglieri a ridare fuoco alle polveri, plaudendo alla decisione del Governo di congelare i fondi del cosiddetto ‘Bando periferie’, che vedeva premiato, tra gli altri, il capoluogo varesino, e di aver “liberato”, con un emendamento al decreto Milleproroghe, due miliardi di euro di fondi dei Comuni virtuosi. “Varese non meritava i 18 milioni per il progetto delle stazioni” è la sentenza della bustocca. “Una caduta di stile” la bolla subito Mariani, rimproverandole una certa ristrettezza di vedute politiche, viziate dalla “difesa del proprio cortile” e sottolineando come “l’importanza di una città è data anche dalla visione ampia degli amministratori”. “Il PD di Busto tira fuori le unghie per difendere Varese, io faccio gli interessi di Busto Arsizio” la controreplica della Tovaglieri.
Sia come sia, resta il sospetto che dietro la miccia che ha innescato la querelle vi sia dell’altro. Che va oltre la politica dell’orticello, che pure suona, ci sia consentito, decisamente anacronistica. Per farla breve, sarebbe stato lo stesso se Varese fosse amministrata dal centrodestra? Una presa di posizione per la propria città e per la meritocrazia o soltanto un tentativo di attacco politico? Se così fosse, non si potrebbe non riscontrare una certa miopia.
La “caduta” di Varese nelle mani del centrosinistra appartiene ormai a un’altra era geologica politicamente parlando. Le ultime chiamate alle urne, per le Politiche e le Regionali, hanno infatti segnato anche nella Città giardino un trionfo del centrodestra, trainato peraltro dallo stesso partito della vicesindaco, che ha consentito di eleggere un governatore – guarda un po’ – proprio varesino e di mandare a Roma, nelle stanze del potere nazionale, autorevoli esponenti del Carroccio come Giancarlo Giorgetti, potente numero due della Lega, e il segretario provinciale Matteo Bianchi. Quest’ultimo è subito uscito pubblicamente a rassicurare circa il fatto che i soldi per le stazioni di Varese sono solo “posticipati” al 2020, come precisato poi anche dalla stessa Tovaglieri. Come ignorare che la maggioranza di quegli elettori vive a Varese e, puta caso, prende il treno ogni giorno? Insomma, cui prodest?
Al polverone una sua utilità va però riconosciuta. Quella dell’affermazione di una situazione certamente da sanare, che vede penalizzata una grande città della Lombardia – la quinta, per puntualizzare – solo per non essere capoluogo di provincia. E, con Busto, pensiamo anche ad altre grandi realtà, come Sesto San Giovanni per esempio. Realtà collocate in aree ad alta densità demografica, di cui vivono tutte le emergenze e le esigenze, senza che venga però loro riconosciuto ciò che spetta oggi a centri come Lodi o Lecco, per rimanere in Lombardia, di minori proporzioni, ma con lo “status” di capoluoghi di provincia. Un’anomalia a cui questo Governo può e dovrebbe porre rimedio, certamente. Ma per rivendicare la quale non c’è bisogno di contrapporsi a nessuno.
Nessuna eco intanto dal capoluogo. Dove ci si limita a ribadire, e legittimamente, che, certo, ci sono aspettative rispetto gli impegni presi dal precedente Esecutivo, a fronte del fatto che intervenire sulle stazioni significa poter rendere disponibili migliori infrastrutture per quella fetta di popolazione, i pendolari, che, a prescindere dalle tessere di partito, sono innanzitutto cittadini. Appunto.

Ni.Ke.

Busto versus varese – MALPENSA24