Brutalismo in Italia, il Facchinetti di Castellanza è diventato una icona  

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CASTELLANZA – Criticato, talmente disprezzato che alcuni edifici simbolo sono stati demoliti, stravolti, a volte abbandonati per provare a cancellare un passato che – lontanissimo dai tradizionali canoni estetici del tempo – voleva aprire le porte a una nuova modernità. Ma il tempo è galantuomo anche in architettura e oggi il Brutalismo sta godendo di una nuova vita. E’ stato rivalutato. Anche in Italia, dove gli esperti di Domus indicano il Facchinetti tra i venti edifici iconici di questa corrente nata negli anni ’50 del Novecento in Inghilterra per poi svilupparsi in varie declinazioni in tutto il mondo.

Il Facchinetti brutale 

Chi passando davanti all’Isis di Castellanza non ha sorriso davanti alla grettezza del cemento a vista, alla sua forma essenziale e spudoratamente antiedonista. Eppure vengono studiosi e appassionati da tutto il mondo per ammirarlo e fotografarlo. Perché «Questo edificio introdusse nell’edilizia scolastica, forse per la prima volta in Italia, l’identificazione dell’architettura con la struttura, in questo caso molto complessa nel sistema delle volte»: così Enrico Castiglioni descriveva la sua opera, costituita da due volumi in linea, da una sequenza di capannoni curvilinei prefabbricati in cemento armato contenenti le funzioni comuni e da una facciata scandita da tramezzi sagomati e serramenti in ferro che si incurvano plasticamente verso l’alto.

Una icona in Italia 

Per la drammatizzazione delle forme e per il disegno delle aperture, l’istituto superiore di Castellanza è considerato un esempio classico di architettura brutalista in Italia e Domus l’ha inserito tra le venti opere iconiche insieme a chiese (il santuario della Madonna delle lacrime di Siracusa o San Giovanni Bono a Milano), edifici pubblici (la Banca d’Italia di Catania o l’Ambasciata britannica) o suggestivi edifici privati, come Villa Ronconi a Roma o il Quadrilatero di Trieste

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