Da un commissario all’altro: staffetta Pinti – Bordonaro in Lega a Varese

Marco Pinti e Marco Bordonaro

VARESE – Di commissario in commissario. Ma con una differenza: quello nuovo dovrà condividere il timone della sezione con una squadra “che – cita la nota ufficiale del Carroccio varesino – prenderà le mosse da chi si è fatto avanti con coraggio e orgoglio leghista”. Si cambia: da Marco Pinti, che chiude il suo percorso comissariale in piazza del Garibaldino, a Marco Bordonaro. Il quale dovrà lavorare insieme a: Fabrizio Nova, responsabile dei quartieri, Alfredo Raviola, che si occuperà di organizzazione, e Alberto Nicora, social network. Ma anche di Stefano Angei e Marco Tavazzi.

Un cambio, dice qualcuno, utile per tenere “buona” la base che ringhia. Un cambio, spiega lo stesso Pinti nell’intervista, «nato in maniera spontanea e dopo un lungo lavoro fatto di incontri e dialogo tra i militanti. Ma anche del ritorno, dopo la campagna elettorale, tra i quartieri e in mezzo ai cittadini».

Il commissario del commissario. In Lega è un fatto assolutamente nuovo. Marco Pinti, questa soluzione è frutto dei tempi che cambiano, o dell’incertezza che, soprattutto dopo Mattarella presidente bis, regna anche in Lega?
«Direi frutto del lavoro che abbiamo fatto e non si è mai interrotto. Frutto di presenza sul territorio, ma anche di confronto, approfondimento e dibattito che non sono mai venuti a mancare. Lavoro finalizzato all’individuazione di una squadra di lavoro e di un nuovo commissario, designato su indicazione dei militanti. E’ stato un processo lungo e ampiamente partecipato, dove l’assemblea degli iscritti ha avuto un ruolo cardine, e si è svolto in piena trasparenza».

Quanto pesa sugli scenari locali la “solitudine” in cui Matteo Salvini e la Lega si sono ritrovati dopo le presidenziali?
«Nulla, per un semplice motivo: in Salvini c’è la fiducia di tutti e in Lega c’è sì dibattito, ma come è sempre avvenuto. La realtà è che il confronto interno emerge sui media solo “nella grandi occasioni”».

Sarà anche così, ma se Varese fosse (in piccolo) lo specchio del quadro nazionale, si percepisce una Lega in difficoltà nel tenere insieme il centrodestra. O ci sbagliamo?
«Oggi si parla di rifondare il centrodestra su nuove basi. Però bisogna anche chiedersi quali siano, queste nuove basi. Io credo che siano cambiati i blocchi sociali che stanno dietro al consenso dei partiti. Forse non si deve più parlare di destra e sinistra come le abbiano intese fin qui, ma di chi ha interesse a mantenere lo status quo imposto dalla globalizzazione e di chi, invece, paga il conto e ha una visione differente».

Ragionamento profondo e attuale sul piano nazionale. A Varese intanto Forza Italia sembra guardare altrove. Insomma, quando c’è da tirare le somme i conti non tornano più. Quindi?
«Se vogliamo quanto sta accadendo a Varese è proprio il risultato di quanto dicevo sopra. L’elettorato tradizionale di Forza Italia, evidentemente, non è penalizzato dalla globalizzazione, tanto che il partito di Berlusconi in questo momento ha più affinità politiche con i partiti “conservatori” come il PD».

Scusi Pinti, davvero crede che il PD sia un partito conservatore?
«Non è una mia convinzione personale. Basta guardare quali posizioni ha il Pd su temi quali globalizzazione e immigrazione. Il progressismo è pura cosmesi politica. E non è un caso che i dem abbiano governato prima con i Cinque Stelle e poi con Draghi».

Ci sembra che l’abbia fatto anche la Lega.
«Vero, ma il governo “giallo – verde” è nato dal disagio nei confronti della globalizzazione».

Torniamo al Garibaldino: tra la sconfitta e il ricomporre i cocci di una sezione divisa, qual è stato il compito più arduo del suo commissariamento?
«La sconfitta fa parte della politica. La cosa più difficile è stata accompagnare, senza imposizioni, un processo che portasse la sezione ad avere un gruppo di militanti in grado di guidarla».

Ma nel quale è stata azzerata la presenza di coloro che fino a poche settimane fa avevano in mano il partito a Varese. Un segnale?
«Più che un segnale parlerei di naturale avvicendamento. E il risultato è una commistione di nuove energie e centrocampisti di grande livello. Più che azzeramento, parlerei di allargamento».

Allargamento che, a quanto pare, non basta. Tanto che la richiesta di andare a congresso per decidere politicamente e democraticamente la linea del partito non si placa.
«Chi chiede i congressi ha ragione, ma in questo momento le norme legate al green pass non li consentono. Io stesso auspico quanto prima di tornare a vivere i normali passaggi che caratterizzano la vita e la storia di un partito».

Non teme che l’attuale situazione, il nuovo corso avviato e le possibili evoluzioni possano causare la perdita della Lega storica, che in realtà è da tempo defilata?
«La tradizione politica della sezione varesina è di tenere insieme tutti i nostri militanti e tutta la nostra storia. Quindi le porte della sezione del Garibaldino rimarranno sempre aperte a tutti».

Chi la conosce, alla fine di questa intervista, potrebbe avere dubbi su chi davvero ha risposto alle domande. Questa versione “british” del Pinti, così distante da quella ruspante evidente negli anni da consigliere e non solo, a cosa la si deve?
«Al mio ruolo di commissario. In Lega a Varese tutti mi hanno visto crescere e mi conoscono. Ma da commissario è diverso, perché devo rappresentare la sede, ma soprattutto tutti i militanti».

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