Direttori generali della sanità: è già giro di valzer

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Negli ultimi giorni di dicembre Regione Lombardia nominerà i nuovi direttori generali della Sanità

Attenersi all’ordinaria amministrazione. Un invito? Un ordine? Cos’altro? L’assessore regionale al Welfare, Guido Bertolaso, lo definisce il “trimestre bianco” della sanità lombarda. Per dirla in chiaro, i direttori generali di Ats e Asst non devono più assumere decisioni che potrebbero condizionare e impegnare i colleghi che, dall’inizio dell’anno che viene, entreranno in carica al loro posto. Attorno a Natale, infatti, Palazzo Lombardia nominerà i nuovi vertici della sanità, definendo gli organigrammi che gestiranno il complesso, discusso e a volte sconquassato settore di ospedali e agenzie di tutela della salute.

Un classico giro di valzer che interessa, e molto, la politica. Perché, al di là del reiterato e retorico richiamo al merito e alle competenze, tanto più in un contesto che richiede manager davvero all’altezza, in Lombardia la questione è in mano ai partiti di centrodestra, che nei posti di comando intendono piazzare i loro uomini e donne. Nulla di nuovo sotto il sole, anche nella sanità, a destra come a sinistra, è sempre andata così e, soprattutto in questo momento, andrà ancora così. Né potrebbe essere diversamente alla luce dei modificati equilibri dopo le ultime elezioni, con Fratelli d’Italia che ha preso decisamente il sopravvento, la Lega che ora insegue e Forza Italia che arranca non soltanto in Lombardia.

I futuri DG (una quarantina di posizioni) dovrebbero essere scelti dalla famosa “short list” di un centinaio di nomi, definita con la scrematura degli oltre duecento potenziali direttori che presentarono domanda all’assessorato alla sanità a guida Letizia Moratti. Lista che, appunto, non rispetta più gli attuali rapporti di forza e che, a cominciare dai meloniani, si vorrebbe ridisegnare. Prima del voto regionale di febbraio, Fratelli d’Italia stava appena sopra il 3 per cento dei consensi, ora è rimontata al 25: scontato che chieda maggiore rappresentanza anche nelle aziende ospedaliere. Scontato che le segreterie politiche si stiano già dando da fare per trovare accordi risolutivi rispetto al quadro di riferimento derivato dalle urne. Scontato, infine, che il confronto non si annunci per nulla sereno e occuperà i partiti da qui a fine dicembre.

E la situazione negli ospedali, le liste d’attesa infinite, la mancanza di medici e infermieri, gli emolumenti da rivedere per fermare la fuga degli operatori sanitari verso il privato o i Paesi esteri, le case di comunità, l’assistenza domiciliare integrata, la realizzazione di nuove strutture (vedi Busto/Gallarate)? Mah, Bertolaso, in un recente incontro con i direttori generali, ha auspicato che non si lasci nulla di intentato “fino all’ultimo giorno”, fermo restando che non si vada oltre il consentito. Ad esempio, dovranno essere congelate tutte le nomine di nuovi primari. Poi, parole del responsabile del Welfare: “bisognerà procedere per attuare tutta la programmazione regionale, evitando provvedimenti che impegnano le direzioni generali che subentrano”. Insomma, cautela. Quella che, scommettiamo, non useranno i partiti per conquistare o riconquistare le posizioni di vertici nelle sanità regionale. Attuando la più classica delle spartizioni del potere a discapito, a volte, della funzionalità e dell’efficienza dovute ai cittadini che chiedono assistenza e cure all’altezza. Possibilmente senza le interferenze della politica pasticciona e litigiosa.

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