Le associazioni dei malati in presidio contro il declino dell’ospedale di Gallarate

GALLARATE – Rivendicano il diritto a una medicina di prossimità, a percorsi accessibili di cura, di accompagnamento e tutela. Ma soprattuto richiedono con urgenza la riattivazione dei percorsi dedicati e degli ambulatori di neurologia e riabilitazione. Sabato 11 dicembre, dalle 10.30, le associazioni dei malati, delle persone disabili, le loro famiglie e le associazioni di volontariato si ritroveranno davanti all’ospedale di Gallarate per chiedere alla Regione Lombardia di fermare il declino del Sant’Antonio Abate. 

Il presidio 

Il presidio è organizzato da Associazione Parkinson sezione di Cassano Magnago, Aisla, Associazione  Alzheimer, Aacssm e Avuls.  «Le associazioni del nostro territorio danno voce a chi vive condizioni di cronicità, disabilità e fragilità, vogliono avviare un percorso di coinvolgimento delle nostre comunità nell’interpellare le istituzioni su un bisogno di salute che oggi non trova risposta», spiegano in una nota unitaria. «Se in fase Covid conclamata non si è potuto e saputo fare diversamente, in una fase di ripresa e resilienza non è tollerabile un ridimensionamento e azzeramento di servizi che viene da noi percepito come una interruzione di pubblico servizio». A conferma di quanto dicono, sottolineano, basta confrontare i dati di attività Pre-covid della Asst Valle Olona, in particolare per l’ospedale di Gallarate, con quelli attuali.

Il miraggio del nuovo ospedale 

Secondo le associazioni dei malati, c’è necessità di mantenere comunque, anche in attesa dei tempi di un ospedale nuovo, i servizi essenziali per la salute della comunità, che non sono solo quelli urgenti. «Vi è necessità – continuano – di organizzare una sanità territoriale, e quindi l’urgenza di consolidare al Sant’Antonio Abate una organizzazione di medicina di prossimità e continuità ospedale-territorio, in particolare per le riacutizzazioni in polipatologie e le cronicità complicate che qui venivano tradizionalmente gestite con competenza e efficacia». Non a caso il Pnrr, la Dgr 4811 e la Riforma sanitaria di Regione Lombardia indicano l’urgenza di costruire la sanità territoriale aprendo Case della Comunità e Ospedali di Comunità, riconoscendo che senza una organizzazione territoriale efficace anche un ospedale nuovo per acuti non potrebbe mai funzionare in modo efficiente.

I sei rischi

 Sono sei i rischi che le associazioni vogliono evidenziare, anche alla luce anche dell’esperienza del Covid: «Continuare a pensare solo ad una medicina del singolo (invece che a una medicina di comunità); gestire solo una medicina di attesa (invece che promuovere una medicina proattiva / di iniziativa); pensare solo a una medicina dell’acuto (trascurando una medicina del cronico, della comorbilità, della complessità socio sanitaria); dimenticare la dimensione e la gravità del problema di salute rappresentato dalle riacutizzazioni in polipatologie e dalle cronicità critiche e complesse che necessitano di ospedalizzazione non certo a bassa intensità di cure; promuovere solo una medicina di eccellenza in ambiti ospedalieri specialistici (in assenza di una medicina territoriale di prossimità, una medicina della “presa in carico”, accogliente, che sa prendersi cura dei bisogni di salute quotidiani delle persone e sa accompagnare soprattutto chi è fragile); focalizzarsi solo su un bisogno sanitario e progettare solo in termini di sanità e non di salute».
I manifestanti annunciano una interpellanza al presidente Attilio Fontana e all’assessore al Welfare Letizia Moratti per la riattivazione urgente dei servizi essenziali e ulteriori iniziative di promozione del percorso di valorizzazione e riorganizzazione delle risorse del territorio. 

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