Giornata internazionale delle donne: lotto, m’arzo. Sempre

Ci fu un tempo, neanche tanto lontano, in cui la Giornata Internazionale delle donne era declassata a una più prosaica Festa delle donne. Ora, chi conosce le ragioni dell’8 marzo capirà quanto la parola Festa stridesse davanti alla storia. Ma tant’è. Sempre in quel tempo, per una maggioranza silenziosa delle donne italiane l’8 marzo rappresentava l’occasione per uscire da sole. Sì, signore e signori, uscire da sole con le amiche. Far baldoria per una sera senza la compagnia di un uomo e, addirittura, infilarsi in uno dei tanti locali che spopolavano all’epoca dove, proprio in occasione dell’8 marzo, non venivano organizzate proiezioni di film tipo We Want Sex (che a discapito del titolo parla di diritti sul lavoro), bensì spogliarelli maschili. Il mito dei California Dream Men imperversava e la parità era tutta lì: avere la chance di guardare uomini oggetto, così come gli uomini facevano con noi 365 giorni l’anno, pur senza avere una festa dedicata, dalla notte dei tempi.

Certo una minoranza remota e guardata con sospetto alzava la voce: sulla violenza, sulla discriminazione, sul diritto a non voler essere madre, sulla parità salariale, sulla possibilità di essere valutate quanto un uomo sul piano professionale. Le ragazzine di allora, per contro, si svegliavano per andare al liceo con la fervida speranza che l’allora fidanzato rammentasse di presentarsi con un rametto di mimose. Cosa è cambiato? Oggi abbiamo una donna premier. Giorgia Meloni ha preso per mano un partito che valeva 3 e lo ha portato a 30. Per farlo ha dovuto ribadire, sino a trasformarlo in tormentone, che era una donna ed era una madre. Elly Schlein guida il Partito Democratico, sulla carta la massima opposizione al centrodestra. Per farlo s’è trovata a dover ribadire che madre non era, ma donna sì.

Un nuovo inizio? Forse. Speriamo. Ma dalle bacheche social di chi oggi posta mimose come se non ci fosse un domani con auguri a tutte le donne soprattutto a quelle coraggiose e autonome (come se coraggio e autonomia fossero accessori in dotazione rarissima alle appartenenti al sesso femminile) nei mesi sono stati vomitati all’indirizzo di entrambe insulti sessisti e body shaming. La prima è sì madre ma non è sposata, la seconda addirittura non è abbastanza donna in virtù del suo orientamento sessuale. E, in fondo, se il Paese necessita di leggi a garanzia di pari opportunità e di quote rosa una ragione ci sarà.

Le donne come i Panda, non come persone o cittadine. Il sesso d’appartenenza supera, ancora, di gran lunga il merito. L’Italia è quel paese dove una come Samantha Cristoforetti viene criticata per essersi presentata (dallo spazio e in assenza di gravità) con i capelli in disordine. La chiamano eccellenza (e lo è), ma dovrebbero chiamarla eccezione. E non va bene. Le donne (meno eh, ma ancora) stanno sdraiate in bikini sul cofano dell’auto aggressiva di turno: il messaggio per la vendita è chiaro. Con una macchina così, tu uomo, non puoi fare cilecca. Verrà un giorno in cui una donna, in bikini o in tuta da ginnastica (a seconda di quello che le andrà di indossare) scenderà dal cofano e si metterà al volante? Verrà mai un tempo in cui basterà una Giornata internazionale delle persone? Sino ad allora: lotto, m’arzo. Sempre.

giornata internazionale delle donne – MALPENSA24