Il Pd sparito, lavorare con Silvio e “Che sarà”: al Maga risate con Enrico Bertolino

maga bertolino pd silvio 04

GALLARATE – Dall’estate dei milanesi alle parole chiave più in voga, dai difficili anni della pandemia ai cambiamenti nella società fino, naturalmente al contesto politico, nulla dell’attualità si è sottratto all’analisi di Enrico Bertolino, che al Maga ha portato il suo “Instant theatre”. Del resto l’ha spiegato Francesco Pellicini aprendo la serata, «il comico vive della quotidianità»: l’ideatore del Festival delle Terre Insubri, che tra le sue date ha avuto quella di ieri, giovedì 13 luglio, all’arena del museo di Gallarate, ha ringraziato la direttrice Emma Zanella e il suo braccio esecutivo Monica Francini lasciando al sindaco Andrea Cassani e all’assessore Stefania Picchetti il compito di introdurre il protagonista dello spettacolo.

L’anzianometro e le sigle

Prima questione da risolvere è stata valutare che tipo di pubblico ci fosse. A questo scopo Bertolino si è servito dell’“anzianometro”: ha cioè diffuso delle sigle di trasmissioni televisive del passato per comprendere, in base alle reazioni dei presenti, che spettatori avesse di fronte: dopo “esercito di terracotta” i gallaratesi sono diventati “fossili umani” per avere riconosciuto le note introduttive di “90° minuto” e quindi di “Lunedì film”. Ad accompagnare il comico sul palco c’erano la tromba di Tiziano Cannas Aghedu e il piano di Raffele Kohler: ai monologhi la formazione ha alternato varie canzoni famose in forma parodistica: dalla maniera per evitare le tasse indicata da Lucio Battisti“Tu chiamale, se vuoi, evasioni” – e il concetto di sostenibilità spiegato con “Il ragazzo della via Gluck” di Adriano Celentano («a parlarne per primi sono stati i cantanti degli anni Cinquanta»), alla “Sei forte papà” di Gianni Morandi («bisogna amare gli animali, vanno protetti) fino alla famosa “Ci vuole un fiore” di Sergio Endrigo: «Gli alberi sono importanti, per fare un tavolo non c’è più un ca…volo».

Gli anni dimenticati e terrificanti della pandemia

Il dilagare delle trasmissioni di cucina e relativi duelli tra chef, l’importanza di imparare l’inglese, l’indignomentro e la giustizia, amministrata in Italia dal Gabibbo, Striscia La Notizia e Le Iene. Sotto la lente anche concetti come resilienza, sovranità – cantata sulle note di “Felicità” – ma anche l’“andrà tutto bene” dei tempi del Covid – «A sentirlo mi darei una sfregatina: no, è andato tutto un po’ storto» – spesi tra canili svuotati e cani di peluche con le ruote, dialoghi surreali con i no vax (“nuovi lavori che sorgono e che spariscono: che cosa fanno ora?) – e la reclusione casalinga. «Oggi sono dimenticati ma sono stati due anni terrificanti, soprattutto per chi fa il mio mestiere. “Sono tuo padre”, ho risposto a mia figlia che chiedeva chi fossi. “E che lavoro fai?”. “Il comico, perché?”, le dissi. “Perché a casa non fai mai ridere”».

Il Pd, “Despacito” e lo “Spartacus” di Kubrick

«In tutto questo contesto esiste un’opposizione? Qualcuno ha notizie del Pd? Un nome che, oltre all’acronimo di qualcosa che non si può pronunciare vicino a un oratorio, lo è anche di “perdere dovunque”: infatti ci stanno lavorando». Idea ribadita ancora sulla melodia di “Despacito”, con il testo trasformato in “È sparito” e il pubblico del Maga a battere le mani a ritmo. Per far capire meglio Bertolino ha ricordato le scene finali dello “Spartacus” di Stanley Kubrick in cui il condottiero ribelle rivela la sua identità per salvare gli altri schiavi, con loro che di rimando dichiarano tutti di essere lui per proteggerlo: «Nel Pd avranno chiesto: “Chi ha impostato la campagna elettorale sullo ius soli quando il problema erano le bollette?”. Si sarà allora alzato Enrico Letta pronunciando il suo “sono io Spartacus”. E gli altri si saranno guardati e avranno detto: “Sì, l’è lu».

“Che sarà” dei Ricchi e Poveri

Non poteva mancare un pensiero rivolto a Berlusconi, da poco scomparso: «Noi comici siamo debitori a Silvio per quanto lavoro che ci ha dato, “quando c’era lui” ogni giorno ce n’era una. Per esempio è riuscito a far diventare Sandro Bondi ministro della Cultura. Ma avete letto qualcuna delle sue poesie? Più che Bondi sembra Boldi. E se si voleva evitare la guerra era l’unico che poteva riuscirci perché lui e l’altro avevano un interesse in comune». Aggiungendo subito dopo: «Il bene del Paese: eh, siete maliziosi. Grazie Silvio, ci hai dato un lavoro per tanti anni: ora dobbiamo riprenderlo e riguarda l’attualità». In questo momento «ci si documenta su Instagram e Tiktok»: Bertolino ha allora fatto proiettare sullo schermo alle sue spalle una carrellata di titoli e prime pagine immaginari: il saluto è stato con “Che sarà” di Ricchi e Poveri e Josè Feliciano cantata insieme agli spettatori.

maga bertolino pd silvio – MALPENSA24