In provincia di Varese il centrodestra è finito. Per finta

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Dice Stefano Gualandris, coordinatore provinciale della Lega, che, nel Varesotto, il centrodestra è finito. Mah. Più che finito pare confuso, condizionato dalle necessità di bottega e dalle opportunità locali. Come a Cassano Magnago, con le singole componenti dello schieramento orientate a farsi i fatti propri in base alle possibilità di successo alle elezioni amministrative di giugno. Né più né meno come era già accaduto a Luino e a Somma Lombardo, quando le due città andarono al voto.

Gualandris ha preso malissimo la decisione dei meloniani cassanesi, sostenuti dalla segreteria provinciale, di schierarsi con i fuoriusciti di Forza Italia, abbandonando al proprio destino il Carroccio, accasatosi con i forzisti, diciamo così, lealisti e con i ciellini di Noi con l’Italia. Un rimescolamento delle carte che, nella sostanza, vanifica il centrodestra. Ma è, appunto, un fatto locale, che manda segnali inequivocabili sulla compattezza dell’alleanza ma che non la scalfisce altrove, segnatamente a Busto Arsizio e Gallarate. Laddove, cioè, il centrodestra sta in piedi anche per una semplice ragione: non ha alternative. In caso contrario salterebbe il banco. E con esso i posti di governo, cioè di potere, occupati dagli esponenti dei diversi partiti. I quali tengono ben saldo il loro fondo schiena sulle poltrone municipali, in barba alle tensioni e alle liti che si manifestano nei comuni meno importanti, seppure dirimpettai.

Per dirla in un altro modo, a Busto e Gallarate il centrodestra è tutt’altro che finito. Ci mancherebbe. Ve la immaginate la Lega bustocca togliere la fiducia al sindaco di Fratelli d’Italia, che ha digerito obtorto collo soltanto un annetto fa, trangugiando il bicchierino di fiele (eufemismo) impostole dai livelli superiori del partito? Per arrivare a tanto ci vogliono le condizioni politiche e una buona dose di palle. O, ancora, riuscite a pensare al primo cittadino leghista di Gallarate che mette a repentaglio il suo scettro cacciando dalla giunta gli assessori con la casacca di Giorgia Meloni? Non scherziamo, in questo momento, in mancanza di occasioni politiche vere, è fantascienza.

Certo, se diamo uno sguardo dentro i tre partiti che costituiscono l’ossatura del centrodestra, ne vedremo delle belle. Forza Italia, per esempio, raccoglie i superstiti della deriva berlusconiana che, in provincia di Varese, l’ha portata a sbattere. La Lega deve fare i conti con i consensi in uscita, che la pongono in competizione con Fratelli d’Italia, invece gasatissima per i sondaggi che danno il partito in forte ascesa. Non a caso, da quelle parti c’è chi fa il bulletto, batte i pugni ed è convinto di potere fare ora il bello e il cattivo tempo.

Detto questo, Gualandris afferma una verità a metà. Sa perfettamente che l’alleanza di centrodestra è al momento puntellata; Gualandris provoca e, questo sì, guarda alle prossime elezioni provinciali. Dove gli equilibri potrebbero anche essere scompaginati. Il messaggio è chiaro, ma fino a quel momento non dovrebbe accadere nulla di così sconvolgente, anche al netto di ciò che succede a Roma e nonostante il derby nazionale per la leadership della compagine. Poi ci sta che il coordinatore della Lega possa anche arrabbiarsi. Persino fare finta di arrabbiarsi, tanto è pacifico che nei centri principali della provincia nessuno ha la forza, il coraggio e la convinzione di mandare all’aria un’intesa che consente al centrodestra di rimanere in sella e a qualche suo esponente di pensare in grande, fino ad illudersi che possa addirittura, da Varese, Busto e Gallarate, gestire la danza per le elezioni politiche e regionali del prossimo anno. Appunto, un’illusione.

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