Incontrarsi è possibile. Capirsi anche

patrini dialogo cristiani musulmani
Ottocento anni fa l'incontro di San Francesco con il Sultano

di Luigi Patrini

Molto interessante e stimolante la mostra promossa dal Centro Culturale Tommaso Moro di Gallarate sull’incontro avvenuto 800 anni fa – nel 1219 – a Damietta, in Egitto, tra San Francesco e il Sultano Malek el-Kamel. Sull’evento si hanno poche notizie precise, ma dal loro incontro sono scaturite importanti conseguenze che durano nel tempo, visto che proprio ai Frati seguaci del Poverello di Assisi è ancora affidata la Custodia del Luoghi Santi presenti in Palestina ed essi stessi godono di molta simpatia da parte dei popoli musulmani di quell’area, sia per le loro Istituzioni scolastiche sia per le opere caritative da essi attivate.

Non meno interessante l’incontro, tenutosi giovedì a margine della mostra, fra il cattolico Matteo Forte, docente di filosofia e Consigliere Comunale dal 2011 nel Comune di Milano, e Maryan Ismail Mohamed, nata a Mogadiscio, figlia di un diplomatico somalo, che ha sposato un cattolico e risiede in Italia da molti anni e, a coronamento di un curriculum di studi presso Istituzioni scolastiche e universitarie somale ed egiziane, è la prima donna musulmana che ha conseguito, presso l’Università di Padova, l’attestato di “Imam e Guida Spirituale” nell’Islam. Nel dialogo intenso e profondo che i due interlocutori hanno tenuto nell’Aula Magna dell’Istituto Sacro Cuore è stato possibile cogliere quanto sia vero che, se le persone sono aperte al dialogo senza pregiudizi, pur partendo da posizioni diverse possono davvero incontrarsi, capirsi e produrre una grande testimonianza di positività nel contesto sociale e politico in cui vivono.

Nella nostra società “plurale”, nella quale convivono persone provenienti da culture diverse, la religiosità autentica, quella religiosità che, proprio perché autentica, non è affatto rigida e integralista, riesce a rendere davvero “possibile” l’incontro e la comprensione reciproca. “Possibile”, come è stato osservato, etimologicamente significa “potente”: occorre dunque passare da una semplice tolleranza al rispetto e alla stima dell’altro, perché solo così si può scoprire e accogliere l’altro nella peculiarità della sua fede e, accogliendosi a vicenda con le reciproche differenze in una relazione segnata dalla benevolenza e dalla ricerca del vero, si scopre che si ha un “compito” da svolgere in comune con beneficio dell’intera comunità in cui viviamo. In una società plurale è “necessario” vivere insieme: è proprio arricchendosi della testimonianza reciproca di storie e culture diverse che la convivenza diventa “possibile”, cioè potente ed incisiva.

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Luigi Patrini

Questo è quanto Matteo e Maryan hanno testimoniato: uno è cattolico e impegnato nell’area civica del Centro-destra, l’altra è islamica e per anni ha militato nel PD. Insieme hanno fatto cose significative per facilitare il dialogo interreligioso, per gestire al meglio tematiche connesse con l’integrazione di immigrati e la soluzione di diverse questioni sociali, grazie anche al fatto che Maryan ha diversi ruoli istituzionali in Consulte istituite presso il Ministero degli Interni, in Regione Lombardia, in Provincia di Milano e nel Comune di Rho, dove risiede, ed è firmataria del “Patto nazionale tra Stato e Comunità islamiche”.

Nel dialogo tra i due “amici” sono emerse questioni importanti: il riconoscimento che in Italia la Chiesa è ancora un forte “collante sociale”, la necessità che sia tutelato il “diritto universale” di fede, l’importanza che a nessuno sia imposto di nascondere la propria identità religiosa. Soprattutto è stato ben sottolineato come conoscersi in amicizia e saper dialogare seriamente sulle proprie identità aiuti a crescere, a scoprire l’impegno che accomuna tutti e ciascuno a dare il meglio di sé per la crescita della pace e dell’armonia nel contesto socio-politico in cui si vive, contribuendo al bene comune. E’ apparso evidente come prendere sul serio sé stessi e la propria fede porti inevitabilmente a toccare questioni che interessano tutti, come, per esempio il diritto alla libertà religiosa, a scelte concrete che toccano ciascuno, come portare o meno il velo, questione-simbolo della sottomissione della donna, che la politica impone, perché il Corano, a detta di Maryan, non impone affatto l’obbligo del velo.

Un incontro davvero stimolante che ha fatto capire come il coraggio dell’incontro e della mano tesa siano una via di pace e di armonia per l’umanità, là dove l’estremismo e l’odio sono fattori di divisione e di distruzione. La libertà di coscienza e la libertà religiosa sono inseparabilmente legate alla dignità umana. Il laicismo relativista e nichilista dilagante, che ha imposto che la Costituzione Europea accantonasse le “radici cristiane dell’Europa”, non si è rivelato come espressione di una superiore tolleranza che rispetta tutte le culture allo stesso modo, non volendo privilegiarne alcuna, bensì come l’assolutizzazione di un pensare e di un vivere che si contrappongono radicalmente, fra l’altro, a tutte le culture storiche dell’umanità. Questa è oggi una questione fondamentale per il futuro della nostra civiltà, perché il vero scontro che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra le diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dio, dalle radici della vita, da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra. L’alternativa al dialogo e alla pacificazione è oggi davanti a noi, se pensiamo alla Grande Menzogna che è alla base della guerra che si sta combattendo in Ucraina, che si manifesta sia negli eventi che la caratterizzano, sia nella stessa narrazione che di essi viene fatta.

L’umanità si trova oggi davanti ad un bivio decisivo: la scelta tocca a ciascuno di noi, prima ancora che alle Istituzioni socio-politiche. Stiamo vivendo nell’ebrezza affascinante e drammatica della libertà e la partita deve giocarla ciascuno, perché la responsabilità è sempre della persona, cioè mia, tua, nostra. Anche i cristiani hanno compiuto errori e commesso peccati. Ma la Chiesa è chiara ed esplicita: in modo inequivocabile, visitando Paesi musulmani, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco sono stati chiari ed espliciti nel sollecitare tutti al dialogo fraterno, all’accoglienza ed alla comprensione reciproca.

Mi piace citare qui due importanti testimonianze di questa apertura al dialogo: il documento su “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, sottoscritto ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, da Francesco e Ahmad Al-Tayebb, Grande Imam di Al-Azhar e massima autorità dei mussulmani sunniti e l’incontro più recente di Francesco con il Grande Ayatollah Alì Al-Sistani, leader spirituale sciita, avvenuto il 6 marzo 2021 nella città santa di Najaf, durante il viaggio in Iraq. Le svolte nella storia umana non avvengono mai repentinamente: le premesse di questi due incontri sono nella Dichiarazione “Nostra Aetate” sulle relazioni con le religioni non cristiane, approvata dal Concilio Vaticano II il 28 ottobre 1965. Ma forse è meglio dire che sono già nelle parole con cui Pietro, entrando a Cesarea nella casa del centurione Cornelio, un pagano desideroso di conoscere Gesù, disse a lui e ai suoi amici che Dio gli aveva mostrato che “non si deve dire profano o immondo a nessun uomo” (Atti, 10, 28). Perché siamo “Fratelli tutti”!

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