Io so’ io e voi non siete un cazzo

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Gian Franco Bottini

di Gian Franco Bottini

E’ Natale e anche gli Umarell hanno deciso di scambiarsi gli auguri; ci hanno invitato presso il loro bar di ritrovo e, ringraziando per la simpatia, abbiamo sicuramente accettato. Arrivati come al solito con un certo ritardo (che volete, nessuno è perfetto!) ci siamo ritrovati con la usuale animata discussione già  in corso. Questa volta, partendo crediamo da qualche fatto locale, si stava disquisendo su un tema che già in altre circostanze avevamo sentito sfiorare nel corso degli incontri con loro: quanto la dilagante televisione e  ”l’internet” abbiano influito nel sollecitare la vanità e l’esibizionismo dei “politici” (sia donne che uomini, s’intende!).

Era opinione condivisa che l’influenza dei media è stata elevata e che è costantemente in atto una smaniosa rincorsa a “comparire” sempre una volta di più rispetto all’avversario/a, a parlare ancor prima di fare e ad  essere preoccupati di imporre la propria immagine prima che il proprio valore.

Il Pensionato, leader del gruppo, aveva cercato di alleggerire il discorso per rispettare il clima natalizio e , riferendosi presumibilmente  a situazioni locali, aveva buttato là una irridente battuta:“Al la fin de l’an, chi g’ha una fotografia in pù sul giurnal  el porta a cà  una bambulina!”

Era stato in quel momento che era intervenuto il Professore  al quale piace sempre imporre la sua cultura,  anche se più d’uno, quando lui comincia a parlare, alza gli occhi al cielo: “A me sinceramente della vanità e dell’esibizionismo poco importa, perché si tratta di atteggiamenti così  vuoti  e superficiali che alla fine  servono solo a mettere in ridicolo chi li pratica. Io sono invece preoccupato  quando , chi ha il vero potere, si esprime con  l’arroganza di chi rifiuta il dialogo, il confronto e anche la critica; in altre parole, mette in discussione il nocciolo della democrazia.”

A quel punto si era creato nel gruppo quel silenzio che sempre si verifica quando il Professore comincia a parlà dificil;  e proprio quello è il momento  in cui  l’esperto oratore capisce di avere la platea in pugno  e di  aver la strada aperta per una  delle sue diarroiche prolusioni. “Vi ricordate   Il Marchese del Grillo, grande film con un grandissimo interprete: Alberto Sordi?”

“Ah si- era intervenuto il Pensionato che soffriva nello stare in silenzio – l’è quel là che lo Speroni,  quand l’è mort, sicome che l’era un terun, l’ha dì che bisugnava no metela giù dura perché era un semplice attore dialettale”. Erano i tempi che Roma era ladrona e i verdi non erano ancora stati invitati a tavola, ades saria un’altra roba…”  e quasi tutto il gruppo era scoppiato in una sonora risata.

“Ben – aveva ripreso il Professore visibilmente contrariato per quelle intrusioni verbali del Pensionato – quelli raccontati erano tempi in cui  il governo papalino dava il potere ai nobili e anche un uomo gretto, arrogante e furbacchione come il Marchese del Grillo poteva metter sotto il popolo  sbattendogli sul muso il suo  storico motto:”Io so’ io, e voi non siete un cazzo..”. Parlar di democrazia allora si rischiava la testa, ma a me sembra che purtroppo anche oggi questo motto piaccia  a più di uno”.

Il Professore aveva ampiamente catturata l’attenzione e, dopo una breve interruzione  dedicata  ai sempre amati bianchini che soprattutto in clima di auguri natalizi hanno il loro bel perchè, aveva ripreso: “C’è poi stato un secolo nel quale il popolo ha lentamente conquistato considerazione, fino a che non è  arrivato il famoso ventennio durante il  quale, a parte Lui, i tanti Podestà  si comportavano nelle città più o meno come tanti Marchesi del Grillo, con l’unica variante che di fronte a opinioni non condivise la loro reazione era un roboante: “Me ne frego!”. Anche rispetto a questo motto intravedo oggi qualche simpatia  di troppo e la cosa mi disturba”

Le opinioni nel gruppo  erano contrastanti. C’era chi la buttava sul ridere e si chiedeva se nel suo recente passaggio a Busto il Principe non avesse per caso approfittato per nominare qualche pericolosissimo  Marchese/a. C’era chi  affermava che la nostra democrazia è così forte che saremmo pronti a lottare contro le paventate preoccupazioni del Professore (e, aiutato dai bianchini, gli mancava di mettersi a cantare O bella ciao!).

C’era infine chi, silenzioso  fino ad allora, facendo leva sul suo accento spiccatamente romanesco, aveva pensato di chiudere la discussione con un intervento che aveva il tono di chi la sapeva lunga: “Ah regà, anche per fare il Marchese del Grillo bisogna avere una struttura e un “physique du role”; me vien da ride, ma questi al massimo posson fà er conte Tacchia”.
La risata era stata generale ed, essendo andata per le lunghe, si era dato inizio allo scambio di auguri  collettivo, dove anche noi abbiamo avuto l’opportunità di fare i nostri auguri di Buon Natale a tutti……e anche ai nostri lettori!

​N.B.- Se qualche lettore volesse comprendere il perché della sincera  risata degli Umarell può far riferimento al seguente link.

 

Bottini marchese grillo – MALPENSA24