La Cgil: «Garantire il diritto d’aborto anche all’ospedale di Gallarate»

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Riceviamo e pubblichiamo:

«I diritti sotto attacco. Tra i tanti diritti che ciclicamente vengono attaccati e sminuiti da una certa politica e da una certa società, il più eclatante è il diritto all’autodeterminazione delle donne. Sancito da una legge che compie quest’anno 45 anni, pare che ancora questo diritto sia inviso a una compagine sociale (quasi sempre composta da uomini) che ritengono in qualche modo che lo stesso rappresenti un pericolo per i (loro) valori cardine.

E perciò sempre più spesso, sempre con maggior forza e sempre con nuovi strumenti (come ad esempio il recente disegno di legge proposto sulla capacità giuridica del nascituro) questa deriva sociale prende corpo ad ondate sempre più forti, con lo scopo di spazzare via quella che ad oggi rappresenta ancora una delle più grandi conquiste progressiste di questo Paese.

Negare un diritto di questo tipo, infatti, significa mettere a rischio la vita delle donne, soprattutto quelle delle frange più fragili della società. Significa costringerle a rivolgersi altrove, significa ritornare ineluttabilmente alla pratica dell’aborto clandestino, procedura che è costata negli anni passati un elevato costo in termini di vite umane. Significa, ancora una volta, determinare un arretramento sociale, mettendo in pericolo le donne di questo Paese.

Come se non bastassero queste iniziative, sperimentiamo che sul nostro territorio, presso il Presidio Ospedaliero di Gallarate, una donna vedrebbe leso il diritto di autodeterminazione sancito dalla legge 194, non potendo in alcun modo avere accesso ad una interruzione volontaria di gravidanza. Questo perché l’intera equipe del presidio si sarebbe avvalsa della facoltà di comunicare la propria obiezione di coscienza. Tutto ciò rappresenta un precedente grave ed allarmante, che in alcun modo può essere attenuato dalla presenza di soli 3 ginecologi presso il Presidio Ospedaliero di Busto Arsizio.

E non può esserlo per alcuni motivi di importanza cardinale:

  • il primo è la lesione di un diritto sancito da una legge, la 194 del 1978 appunto, che prevede al riguardo che “gli  enti  ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni  caso ad  assicurare  l’espletamento  delle  procedure previste dall’articolo  7  e  l’effettuazione degli interventi di interruzione della  gravidanza  richiesti  secondo  le  modalità  previste dagli articoli  5, 7 e 8. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilita’ del personale.” Un passaggio fondamentale che sancisce inequivocabilmente come sia responsabilità dell’Ente (e per inciso, di Regione Lombardia) garantire il diritto anche attraverso la mobilità di personale (e non attraverso la “mobilità” della persona);
  • il secondo, legato proprio a quanto espresso sopra, è che questo contrasta in maniera esplicita e preoccupante il senso di una riforma che dovrebbe garantire la fruizione dei diritti connessi alla salute in maniera più diffusa e capillare, attraverso una rete di Sanità pubblica;
  • il terzo, e più grave, è che questo lede il carattere pubblico ed universalistico del Servizio Sanitario Nazionale, così come sancito alla sua nascita il 23 dicembre 1978. Per capire quanto questo sia vero, ledendo l’universalità che dovrebbe contraddistinguere il diritto alla Salute e che in questo caso sarebbe negato riportiamo la prima parte dell’articolo 1 (i Princìpi) della Legge 833: “La   Repubblica   tutela   la   salute  come  fondamentale  diritto dell’individuo  e  interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.  La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il  servizio  sanitario nazionale e’ costituito dal complesso delle funzioni,  delle  strutture,  dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica  di  tutta  la  popolazione  senza distinzione di condizioni individuali   o   sociali   e   secondo   modalità   che  assicurino l’eguaglianza  dei cittadini nei confronti del servizio.”

Come CGIL riteniamo che la scelta di non garantire la fruizione di un diritto sul Presidio Ospedaliero di Gallarate, non prevedendo la mobilità del personale dal Presidio di Busto Arsizio,  sia lesivo di tutti i princìpi di eguaglianza che la Legge sancisce, nonché un segnale tutt’altro che trascurabile in senso opposto rispetto alla recente riforma della Salute sul territorio. Perciò chiediamo che da subito venga assicurata la possibilità di accedere ad un così importante diritto presso tutti i presidi ospedalieri dell’ASST Valle Olona, possibilità quantomai importante in un’epoca caratterizzata da una forte ripresa della crescita delle diseguaglianze sociali. Preannunciamo perciò che metteremo in campo tutte le iniziative sociali volte alla difesa del diritto all’autodeterminazione delle donne e, per esteso, in difesa del diritto di accesso al Servizio Sanitario in modo egualitario per tutte le persone».

FP CGIL Varese
La Segreteria della Camera del Lavoro di Varese

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