La strage del treno mitragliato, 75 anni fa. Gallarate l’ha dimenticata

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La stazione ferroviaria di Gallarate in un'immagine degli anni Quaranta

GALLARATE – Una quarantina di vittime, un numero imprecisato di feriti. Era il 20 gennaio di 75 anni fa, Gallarate, rione di Madonna in Campagna, a pochi mesi dalla Liberazione. Un treno proveniente da Milano stava entrando in stazione quando, all’improvviso, un paio di aerei (ma forse erano di più) degli Alleati cominciarono a mitragliarlo, sganciando anche alcune bombe. Fra i passeggeri, tutti civili, fu una strage. Episodio poco noto, probabilmente avviato all’oblio per ragioni della politica facilmente intuibili. quanto oggi inaccettabili. Giusto? Sbagliato? Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, nell’ottobre scorso ha chiesto le scuse del governo degli Stati Uniti per la strage alla scuola del rione Gorla, nell’autunno del 1944. Un tragico errore per il quale persero la vita 184 ragazzini tra i 6 e 10 anni, devastati dalle bombe. A Gallarate. in tutti questi anni, mai una parola ufficiale su quanto accadde quel 20 gennaio. Vero, le vittime non erano della città, se non forse alcune persone, tra cui due bambine, morte nei giorni successivi in ospedale. Ma questo non è affatto un buon motivo per dimenticare.

A riportare d’attualità la vicenda, probabilmente anch’essa originata da un errore degli Alleati, è oggi Angelo Bruno Protasoni, già assessore nella giunta di centrosinistra, che su Facebook, nella pagina di Sei di Gallarate se , riaccende i riflettori su quel dramma. Nella speranza, supponiamo, che le istituzioni rimedino al vuoto di tanti anni. Ecco il post di Protasoni,

Mentre nel mondo riecheggiano venti di guerra dobbiamo ricordare che il 20 gennaio riccorre il 75° anniversario della tragedia vissuta dalla città di Gallarate. Un dramma che probabilmente, oggi, molti gallaratesi non conoscono.

Sabato 20 gennaio 1945, alle 8,40, il treno del mattino da Milano per Varese arrivava alla altezza di Madonna in Campagna. Procedeva lentamente, avvicinandosi alla stazione. Sul treno c’erano persone provenienti dal capoluogo e da diverse località dell’alto milanese: Busto, Legnano, Rho ed altri paesi. D’improvviso spuntarono dietro al convoglio, invisibili perché contro sole, due (forse quattro) aerei che iniziarono a mitragliare i vagoni. I macchinisti bloccarono il treno. I passeggeri che riuscirono a scendere cercarono scampo fra i binari dello scalo merci, con il pericolo di restare fulminati dalla temuta “terza rotaia”. Molte persone restarono intrappolate nella ressa davanti alle porte.

Quasi subito gli aerei ritornarono, sganciando due bombe che fecero strage. Poi ritornarono ancora, per una terza volta, mitragliando nuovamente. Alla fine dell’incursione i feriti furono raccolti da due ambulanze e dai mezzi di fortuna arrivati da tutta la città.

All’ospedale iniziò una disperata ricerca di sangue: tutti i gallaratesi furono chiamati alla donazione. La rievocazione fatta dallo storico P.G. Sironi ci racconta di chi, come l’industriale Rinaldo Martegani, rischiò la propria vita offrendo il sangue per tre volte in una giornata. A sera si contarono i morti, 34, e i feriti più gravi, 67, alcuni dei quali perirono nei giorni successivi. Miracolosamente, nessun gallaratese fra le vittime.

I funerali si tennero il giorno 24 gennaio in una città che si era completamente fermata in segno di lutto. Le bare furono trasportate, fra due ali di folla, dalla Cappella Ponti del Cimitero di Viale Milano fino al sagrato di Santa Maria Assunta dove si celebrò il rito religioso.

Quell’attacco fu un atto criminale. Non sappiamo se i colpevoli siano stati puniti o se, più probabilmente, siano stati considerati solo dei troppo zelanti esecutori di un mandato a colpire i mezzi di trasporto. Voglio pensare – e sperare – che quelle persone abbiano vissuto il resto della loro vita tormentati dal rimorso per quello che avevano fatto.

Mi rendo conte del rischio di bassa strumentalizzazione del ricordo di questo tragico episodio. Come se un atto criminale fra i liberatori potesse in qualche modo attenuare, bilanciare o giustificare il crimine di chi aveva privato l’Italia di ogni diritto civile e politico, l’aveva resa teatro di una ignobile persecuzione razziale, l’aveva infine portata a una folle guerra di aggressione. Forse è per questo timore che c’è stato un così assordante silenzio, per troppi anni, nella nostra comunità rispetto a quanto è successo a Gallarate il 20 gennaio 1945.

Ma il crimine va denunciato e combattuto sempre, chiunque l’abbia commesso. Bene ha fatto recentemente il Sindaco di Milano, Sala, a chiedere e ottenere il riconoscimento di colpa e le scuse per le bombe alleate che nel 1944 colpirono una scuola nel quartiere di Gorla.

Sarebbe giusto, nel 75° anniversario della strage di Gallarate, se ci fosse almeno un minuto di silenzio, in stazione, il giorno 20 gennaio 2020, alle ore 8,40.

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