L’abbraccio di Busto a “papà Anffas” Piero Magistrelli. «Non deve finire qui»

BUSTO ARSIZIO – «Vi invito a continuare, perseverare e non demordere. Porto con me il sorriso dei miei ragazzi che mi hanno voluto bene e mi hanno reso felice». Sono le parole che Pietro Magistrelli, presidente dell’Anffas, ha lasciato nel suo testamento morale e spirituale, letto dall’amico di una vita Diego Cornacchia al termine della cerimonia funebre che si è svolta oggi, 20 marzo, nella Basilica di San Giovanni. Magistrelli si era spento giovedì mattina, 18 marzo, nel reparto Covid dell’ospedale di Busto Arsizio dove era ricoverato da qualche giorno, dopo aver contratto il Coronavirus. Lasciando la moglie Anna, i figli Giovanni e Paola e i nipoti Giacomo, Federica e Miriana. Ed è stato il sindaco Emanuele Antonelli a ricordare che nel giro di due settimane «Busto ha perso due giganti della solidarietà», Piero Magistrelli e Franco Mazzucchelli.

Il “testamento morale”

Nello scritto – datato 13 marzo 2020, «un anno esatto prima di essere ricoverato», come ha ricordato l’avvocato Cornacchia dal pulpito della Basilica – Magistrelli ringrazia benefattori, amici e collaboratori, l’amministrazione, i soci fondatori che non ci sono più (a Gigi Armiraglio, Bruno Tosi e Luigi Brugnoli, si era aggiunto Franco Mazzucchelli, scomparso solo due settimane prima), ricorda che il «solo scopo» delle sue iniziative è stato «dare aiuto a bisognosi e svantaggiati, dimenticati, esclusi, erroneamente ritenuti “diversi”», ma soprattutto confida che «le opere realizzate siano un fiore all’occhiello per la nostra grande Busto» e invita chi lo ha sempre sostenuto a «continuare». Una sorta di lascito, che si chiude con queste parole: «Per molti di voi “il rompi” se n’è andato. Far del bene fa bene. Ciao a tutti». Firmato Piero.

L’«opera gigantesca»

Accompagnata all’altare dai familiari e dai ragazzi delle Cuffie Colorate, la bara di Piero Magistrelli, giunta dal Tempio Civico dove era stata allestita la camera ardente, è arrivata in una Basilica di San Giovanni piena di gente, pur con i dovuti distanziamenti. Ed è uscita dopo il canto degli Alpini e la preghiera dei Lions, dietro ai labari e ai gonfaloni delle tante associazioni che lo hanno visto protagonista, tra tanta gente che gli voleva bene e lo ammirava per quello che fatto da presidente di Anffas e dell’associazione Lions Tosi-Ravera. «Ci hai lasciato in un battibaleno» il ricordo di Diego Cornacchia, che con la voce rotta dall’emozione ha ripercorso un’amicizia di quasi sessant’anni, ormai divenuta «fraterna». Da 25 anni alla guida dell’Anffas, Magistrelli aveva compiuto dei veri miracoli, come la casa alloggio Brugnoli-Tosi di via Piombina e la residenza Magistrelli-Armiraglio di via Catullo. «Un’opera gigantesca – la definisce il vicepresidente di Anffas – con la sua forza e caparbietà, l’irruente persuasione, coinvolgendo centinaia di benefattori. Stimolati a fare il bene».

L’omelia di Pagani

«Ricordo i suoi occhi lucidi e commossi nel suo studio in via Piombina quando mi spiegava i progetti che aveva nel cuore, e lo ricordo, quando dicevo messa, là in un angolo a vedere i suoi ragazzi che partecipavano – le parole del prevosto monsignor Severino Pagani nell’omelia – siamo qui per tre motivi: l’affetto per un amico generoso, sempre fiducioso nel futuro, che è partito troppo in fretta, senza darci possibilità di scambiare le ultime parole; per dare voce agli ospiti più piccoli che ha saputo accogliere, in particolare nella casa di via Piombina, e per offrire al signore il “fare” di Piero». Il “fare” di un «uomo pratico, appassionato», di cui Monsignore ricorda «irruenza, intraprendenza, tenacia». Ma anche «quando diceva “Io vado a suonare i campanelli. Vado a parlare fino a quando non mi diranno di sì“. Non si scoraggiava». E concludendo l’omelia con un passaggio del Vangelo che si adatta perfettamente alla vita di Magistrelli: «Tutto quello che hai fatto ad ognuno dei fratelli più piccoli tu l’hai fatto a me».

L’«uomo delle imprese impossibili»

Immancabile il ricordo delle Cuffie Colorate, che lo chiamavano affettuosamente “papà Anffas”: «La nostra metà del cielo non c’è più – sostiene il presidente Silvano Trupia – senza di lui la casa di via Piombina sembrava così vuota, non so come riusciremo ad andare avanti ma ci proveremo». Fino alle parole del sindaco Emanuele Antonelli, che ricorda il Pietro Magistrelli «cittadino benemerito, uomo delle imprese impossibili che con volontà, perseveranza, coraggio e passione diventavano realtà, sempre al servizio degli altri». Quella di Magistrelli è stata «una lezione di vita – rimarca il sindaco – prima ancora dell’immenso valore morale e materiale delle sue azioni».

«Non deve finire qui»

Ora c’è un’eredità da raccogliere: «Ogni volta che terminava un’impresa diceva “Guarda che non è finita qui” e me lo ha ripetuto giusto un mese fa – prosegue Antonelli – perché guardava sempre avanti, anche dopo avermi mostrato gli ennesimi lavori di ampliamento della casa di via Piombina. Tanti continueranno a raccogliere il testimone e seguire l’esempio. “Non è finita qui” dovrà diventare una responsabilità di tutti noi, anche se probabilmente non saremo all’altezza». Con un monito per tutta Busto che si sente un po’ più sola senza Magistrelli: «Guardate che non deve finire qui».

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