Lo sfogo di un papà: «Mio figlio ostaggio della burocrazia dei servizi sociali»

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LEGNANO – «Sono tenuto in pugno dalla burocrazia dei servizi sociali. Come mio figlio». Il grido di dolore si leva, composto ma fermo, da un genitore di mezza età che lavora in un comune della Valle Olona e presta servizio al centro vaccinale di Gallarate. E che da due anni lotta con silenzi e scaricabarile dell’azienda consortile che gestisce i servizi destinati ai minori in numerosi comuni dell’Altomilanese.

«Questa azienda – attacca – dovrebbe tutelare i minori ma in realtà non lo fa. È chiaro che più bambini gestiscono e più sovvenzioni ricevono, ma quando hai 200 bambini e solo 3 persone a seguirli, diventa insostenibile. E la tutela del minore viene a decadere».

«Così non si tutelano i minori»

L’uomo ha due figli, un bambino di 11 anni e una figlia maggiorenne. Ha in corso una causa di separazione e non ha più la patria potestà sul minore. «Nel mio caso – racconta a Malpensa24 – non faccio nessuna guerra sull’affidamento, figuriamoci se due genitori si contendessero un figlio che cosa potrebbe passare: mi immedesimo nel bambino, povero lui!». Sotto accusa sono tempi e modalità della presa in carico del bambino ad opera dell’azienda consortile.

«Vedevo il bambino che soffriva, ho chiamato io la neuropsichiatria perché loro non lo fanno, anche se le comunicazioni gli arrivano. Ma non ammettono mai le loro colpe: anche se sbagliano loro, è sempre colpa degli altri. Chiamo per avere notizie e l’operatrice mi dice che chi dovrebbe tutelare mio figlio mi chiamerà in giornata; in realtà passano giorni e nessuno si fa vivo. Dicono che il Tribunale di Busto Arsizio, gli avvocati e ora il servizio di neuropsichiatria infantile non comunicano con loro ma è vero è il contrario e ne ho le prove. E quando gliele riporto, come per magia il giorno dopo vengo chiamato e trovano mille scuse per giustificarsi. La loro risposta più frequente è: “Signore, io che ci posso fare?”».

«Puntano ai numeri anziché alla qualità»

«Se hanno preso un impegno – rincara il genitore – devono portarlo avanti, non prendere soldi per un servizio che non fanno e ricorrere allo scaricabarile. C’è un menefreghismo totale, a volte passano anche 5 giorni prima di avere una risposta. Mentre alle e-mail non rispondono. Chi è fuori potrebbe non capirlo, ma chi è entrato nel meccanismo ci si ritrova. Se hanno bisogno di più personale, che lo mettano. Il Tribunale ha messo nero su bianco che il bambino doveva andare in neuropsichiatria? “Non abbiamo ricevuto niente dalla Cancelleria”. Poi metto di mezzo l’avvocato ed ecco che dicono “ah, mi è appena arrivata la comunicazione”. La dote scuola dovevano farla loro, non l’hanno fatta e ci ho rimesso 300 euro. “Ce ne siamo dimenticati”, mi hanno detto. E poi le liste di attesa di anni. Ma come lo tuteliamo il minore così?

«Come il mio – conclude questo papà – ci sono molti altri bambini. Che sono la frangia più delicata, non ci si può fregare di loro. La qualità dei servizi destinati ai bambini dev’essere alta e a livello burocratico non deve mancare nulla. Invece questa azienda punta alla quantità di assistiti. E poi, più a lungo trascina una pratica e più soldi prende, se si chiude subito non dà più profitto».

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