Risaie, l’equilibrio tra terra e acqua in una mostra all’ex Dogana di Lonate

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LONATE POZZOLO – Raccontare il fortissimo legame tra gli uccelli e la coltivazione del riso con la tecnica tradizionale della “semina del riso in sommersione”, che molti ricordano e conoscono come “il mare a quadretti” (descritto anche come “mosaico di specchi” da Sebastiano Vassalli, scrittore vincitore del Premio Strega nel 1990): è questo lo scopo di “Terra e Acqua, Equilibrio, Uomo e Natura”, mostra fotografica di Giovanni Battista Colli che verrà inaugurata oggi, domenica 18 febbraio, alle 15 al Centro Parco Ex Dogana di Lonate Pozzolo e si potrà visitare (al sabato e alla domenica dalle 10 alle 18) fino al primo aprile.

Il 70-80% delle terre risicole è seminato in asciutta

Un paesaggio agricolo che ha caratterizzato diversi secoli di risicoltura in Lombardia e Piemonte ed è purtroppo ormai quasi scomparso: le foto sono state scattate dal 2019 al 2023 da Colli tra Vigevano, Cassolnovo e Mortara, una delle ultime aree dove ancora oggi si possono trovare le risaie sommerse dall’acqua in primavera. Per quale motivo da qualche tempo non ci sono più rane ai bordi delle risaie? Oggi il 70%-80% delle terre risicole è seminato in asciutta, il “mare a quadretti” non c’è più e quelle che erano delle vere e proprie aree umide seminaturali, dove insetti, rane e uccelli vivevano in un equilibrio secolare, si sono trasformate in una distesa di polvere e desolazione.
La tecnica tradizionale della risaia seminata in sommersione negli anni ’90 si era meritata in Lomellina il riconoscimento europeo di Zona Protezione Speciale (Zps), grazie alla capacità di richiamare e ospitare una miriade di uccelli di tantissime specie che ogni anno, in primavera, affrontano il loro lungo e faticoso viaggio dall’Africa fino al Nord Europa, passando dalla Pianura Padana. Oggi la risaia seminata in asciutta è una “trappola ecologica” per insetti acquatici e anfibi, e quindi un luogo non più accogliente per gli uccelli in migrazione.

Lo spreco d’acqua

Ma c’è di più: l’abbandono della semina del riso in sommersione in primavera contribuisce all’abbassamento della falda freatica superficiale in tutta la pianura risicola piemontese e lombarda, con pesanti ripercussioni sull’intera produzione agricola di pianura.
Nascondendosi dietro un apparente risparmio d’acqua la semina del riso in asciutta è infatti uno spreco, poiché trascura l’acqua che scorre nei canali irrigui in primavera senza immagazzinarla e lasciandola scorrere inutilizzata verso il mare. La tecnica tradizionale della semina del riso in sommersione ha invece il grande pregio di rallentare la corsa dell’acqua, stoccandola in primavera nella falda sotto i nostri piedi e mantenendo quell’equilibrio tra acqua e terra che in estate diventa linfa vitale per l’agricoltura e per tutti gli ambienti naturali che la circondano.
Le colture agricole, insieme alle zone umide, alle siepi, ai filari, agli argini erbosi, ai boschi e boschetti grazie alla falda ricaricata dalle risaie in primavera sopravvivono in estate anche con pochissima acqua (gli agricoltori dicono che “basta una goccia…”) e riescono a superare anche le lunghe siccità del clima che sta cambiando. I danni del cambiamento climatico spesso sono aggravati da comportamenti umani sbagliati.

Un quadro agricolo e naturale dalle origini antichissime

“Le bellissime foto di Giovanni Battista Colli rappresentano una testimonianza di un patrimonio agro-naturale che stiamo trascurando quasi incoscientemente: un ringraziamento alto va all’autore della mostra per la costanza con cui frequenta ancora oggi le ultime risaie sommerse tra Novara e Vigevano e per la passione con cui, in silenzio e quasi senza accorgersene, ha sospeso quasi per sempre un quadro agricolo e naturale dalle origini antichissime, che l’uomo sta via via cancellando in pochissimi anni. L’augurio è che questa mostra contribuisca, insieme al lavoro di chi ha scelto di “curare la falda”, a stimolare il ritorno alla tecnica della semina del riso in sommersione, contribuendo a rallentare il prosciugamento delle falde e dei suoli delle aree risicole, ora che siamo forse ancora in tempo”.

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