Luino, insulta sui social un pastore evangelico: non c’è diffamazione. Assolto

LUINO – Un ministro del culto dipinto come un mostro a suon di post sui social network e su un blog, con il diretto interessato che accusa il colpo e chiede l’intervento della giustizia. Il processo per diffamazione aggravata si è concluso nella mattinata di oggi, martedì 18 luglio, in tribunale a Varese, dove l’imputato, un 62enne di Luino, è stato assolto per non aver commesso il fatto.

Insulti e accuse

Truffatore, manipolatore, artefice di una gestione tutt’altro che trasparente della chiesa, e poi ancora psicopatico, camorrista, capace di rubare i soldi delle offerte, iscritto a siti per scambi sessuali. Questi alcuni dei più pesanti insulti rivolti tra il 2020 e il 2021 al pastore, un 50enne di origine toscane, e finiti agli atti del processo. Pagine e pagine di affermazioni offensive e accuse che il legale di parte civile, Marco Orrù, che in aula ha sostituito la collega Barbara Mattafirri, ha bollato come «totalmente infondate», chiedendone la rimozione dal web e sottolineando l’impatto devastante che quelle frasi hanno avuto sulla vita e sulla reputazione della persona offesa.

La tesi difensiva e il risarcimento

Altrettanto incisiva, però, è stata l’arringa dell’avvocato Alessandra Salomone, difensore dell’imputato, che citando la giurisprudenza in materia di diffamazione online ha espresso perplessità circa il legame tra il proprio assistito e le frasi ingiuriose: «E’ necessario risalire all’indirizzo IP per verificare la provenienza di un post – ha specificato il legale – perché il profilo Facebook che porta il nome dell’imputato potrebbe essere stato gestito da un altro soggetto». Una tesi, quella del difensore, legata anche alle diverse denunce presentate dalla vittima, nei confronti di altre persone, per episodi simili.

Il risarcimento

Il giudice non ha accolto la posizione dell’accusa – che aveva chiesto 4 mesi di reclusione – e con la sentenza è venuta meno anche la richiesta di risarcimento che era stata presentata dalla parte civile: 200mila euro. Richiesta che, in caso di ammissibilità di un ipotetico appello, potrà essere ripresentata.