Maignan come Boateng: quando Busto fu al centro della bufera per i cori razzisti

BUSTO ARSIZIOMike Maignan come Kevin-Prince Boateng, lo stadio “Friuli” di Udine come lo “Speroni” di Busto Arsizio: undici anni dopo, quel Pro Patria-Milan interrotto per gli ululati razzisti contro l’allora numero 10 rossonero torna alla memoria in parallelo con il clamoroso gesto del portiere francese del Milan che imbocca il tunnel degli spogliatoi dopo aver subito insulti razzisti dalla curva dell’Udinese. Anche se per la giustizia italiana, che ha assolto gli Ultras della Pro Patria che avevano preso di mira Boateng, quelli dello “Speroni” non furono cori razzisti (nonostante gli ululati rimasti impressi nei video dell’epoca) ma normali contestazioni da stadio.

Il “caso Boateng”

Anche allora il “protagonista” della vicenda fu un calciatore del Milan, il ghanese Kevin-Prince Boateng. Era il 3 gennaio 2013: allo stadio “Speroni” di Busto Arsizio il Milan sfidava la Pro Patria in amichevole, durante la pausa invernale dei campionati. Al 26esimo minuto del primo tempo, stanco degli ululati e degli insulti che piovevano dalla curva degli Ultras biancoblù (rivolti anche nei confronti della fidanzata del tempo, la nota soubrette Melissa Satta), Boateng calcia il pallone verso la curva, si toglie la maglia ed esce dal campo, rifiutandosi di continuare a giocare. La squadra, allora guidata in panchina da Massimiliano Allegri, lo segue e la partita viene sospesa definitivamente. 

La bufera mediatica

Il caso mediatico fu clamoroso. Lo sdegno per i “buu” razzisti rivolti a Kevin-Prince Boateng fu unanime, e «per colpa di quattro idioti» – come li definì in diretta il telecronista di Milan Channel Mauro Suma – la città di Busto Arsizio fece il giro del mondo collegata a quell’episodio. A prendere in mano la situazione fu l’allora sindaco Gigi Farioli, che dopo aver criticato la gestione della terna arbitrale e definito nell’immediatezza «impropria» la reazione di Boateng, si impegnò concretamente per togliere la macchia del razzismo associata alla sua città. «Busto sarà sede di un laboratorio permanente per l’estirpazione del razzismo dentro e fuori dagli stadi – annunciò Farioli nei giorni successivi – ho chiesto che il presidente onorario di questo organismo sia Lilian Thuram (allora stella della Juventus, ndr) e vorrei che Boateng e Muntari, che ho invitato nella sala consiliare del Comune, diventassero membri permanenti. E al numero 10 del Milan fu offerto il titolo di “Bustocco ad honorem”. Ma la proposta di una nuova partita riparatoria non ebbe mai seguito.

La versione di Boateng

Qualche anno dopo, all’ennesimo episodio analogo, Boateng ricordò la vicenda raccontando che “c’era un gruppo di tifosi che si divertiva a fare gli ululati razzisti ogni volta che entravo in possesso del pallone. Erano passati 26 minuti e dissi all’arbitro che se li avessi sentiti di nuovo avrei smesso di giocare. Lui mi disse di continuare, ma poco dopo mentre stavo provando a dribblare un avversario continuarono. Presi la palla, la scagliai verso le tribune e me ne andai. Arbitro e avversari mi dissero di continuare a giocare e a quel punto gli risposi male”.

Ma allo Speroni (formalmente) non fu razzismo

Solo qualche anno dopo, la Corte d’Appello di Milano stabilì che i cori non avevano connotazione di razzismo, ma erano “semplici”, per quanto pesanti, insulti rivolti ai giocatori avversari. Assolti perché “il fatto non sussiste” i sei tifosi che erano stati identificati come autori della gazzarra contro Boateng in curva: in primo grado a Busto Arsizio avevano ricevuto condanne tra i 40 giorni e i due mesi per ingiuria aggravata dai motivi razziali. La sentenza di assoluzione fu poi confermata in Cassazione. La vicenda ebbe uno strascico di polemica politica: l’allora presidente del consiglio comunale Diego Cornacchia, all’indomani della sentenza in Appello, chiese che l’amministrazione comunale rivolgesse pubbliche scuse per l’«improvvida» decisione di costituirsi parte civile contro gli ultras tigrotti. «Invece di difenderli da un’accusa ridicola furono messi sotto accusa». Ma anche stavolta, dopo la vicenda di Mike Maignan, in molti hanno ricordato l’episodio dello Speroni con Boateng.

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