Meloni, da underdog ad unfit è un attimo

di Massimo Lodi

Meloni ha perso l’occasione d’avvicinarsi al modello cui aspira, quello di statista. Quale statista è colui/colei che rifiuta il Meccanismo europeo di stabilità – già sovvenzionato con una paccata di miliardi dalla Repubblica italiana – all’unico scopo di gareggiare in sovranismo con Salvini? Quale statista è colui/colei che impedisce all’intera Europa d’usufruire dell’àncora di salvezza qualora una o più banche fallissero? Quale statista è colui/colei che un giorno veste da moderata e il giorno dopo da radicale? Quale statista è colui/colei che si fa addirittura superare da Orban, l’iperpatriottico e isolazionista Orban, in tema di realismo finanziario?

Il no al Mes è figuraccia istituzionale, retromarcia politica, calcolicchio di bottega, danno italiano. È un volare basso, che porterà allo schianto. In Europa o ci si aiuta o ci s’impianta: il ministro dell’Economia avvisò dell’aut-aut. Fu rassicurato da Chigi e alleati di maggioranza: lo sappiamo bene. Poi/però Salvini decise di cavalcare la propaganda anti-Bruxelles, e la premier non se l’è sentita di dissociarsene. A sovranista, sovranista e mezzo.

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Massimo Lodi

Governo pirandelliano, romanzo impopolare. Perché il popolo s’infurierà, quando i nodi verranno al pettine. E verranno, verranno. A proposito: il laghée Giorgetti, consapevole del Mes disàster, cosa pensa di fare? Sta lì a condividere una sciagurata corresponsabilità o saluta la compagnia, e che vada a fracassarsi come le pare? Poi, in tema di strategie: la Meloni dà corda a Salvini, ma il risultato è che si ricostituisce l’asse tra il Capitano e Conte, a danno di lei. Lega-Cinquestelle sodali nel demonizzare i cattivoni Macron, Scholz eccetera. Risultato: muore il progetto d’alleanza Popolari-Conservatori in vista della nuova Commissione Ue, estate ‘24. Cosa resta? Lo zero demagogico. E sì che la maledetta Europa ci ha dato un sacco di soldi, e seguiterà a darcene. Certo, dal ’25 reimporrà regole di bilancio più severe, e tuttavia Meloni le ha accettate (Patto di stabilità).

Assolutamente obbligata: o sì alla serietà o no alla sopravvivenza. Ora il sorprendente default d’acume politico. Gl’interessi strategici degl’italiani subordinati alla convenienza tattica di partito. Centrodestra spaccato, centrosinistra idem. Si ricompone in chiave di ritorno al ’19 (esecutivo gialloverde) lo schieramento parlamentare scompostosi. Cioè: populisti versus antipopulisti, causa sfascismo imperante col contributo-shock della premier. A proposito di sfascismo: se questa è la maniera per costruire il Partito della Nazione, a Giorgia carissimo, avantì così e resteremo una nazione senza partiti. Dall’estero avvisano l’inquilina di Chigi: passare da underdog ad unfit è un attimo. Il suo predecessore Berlusconi (do you remember l’Economist?) gliel’aveva insegnato.

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