Mense dei poveri e Piazze pulite che fanno rumore

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Com’è quella storia che le sentenze si rispettano e non si commentano? Un luogo comune, una sciocchezza, che altro? I magistrati sono a tal punto infallibili che le loro decisioni risultano incontestabili? Di fronte alle motivazioni delle sentenze del tribunale di Milano al processo di primo grado della Mensa dei poveri e alle conclusioni di un altro, eclatante dibattimento che, in appello, ha assolto da ogni accusa i vertici amministrativi del recente passato a Legnano, bè, qualche considerazione può anche essere plausibile. Non foss’altro perché le due inchieste, sfociate poi nei relativi rinvii a giudizio, hanno cambiato gli scenari della politica in provincia di Varese e nel Legnanese.

Coinvolti tutti esponenti di centrodestra, in specie di Forza Italia. Giudicati senza colpe, dopo una prima sentenza di condanna, gli imputati di Legnano (un sindaco, un ex sindaco e un assessore); assoluzioni e condanne per i politici e gli imprenditori a giudizio nel Varesotto. Casi diversi, che trovano un comune denominatore nel presunto malaffare che, secondo i pubblici ministeri titolari delle inchieste, avrebbe fatto da sfondo all’azione amministrativa.

Tutto vero? Doveroso entrare nello specifico dei singoli casi prima di trarre conclusioni definitive. Ma non si può sottacere il fatto che, per quanto riguarda Mensa dei poveri, c’è una assoluzione che ha destato, diciamo così, curiosità. E’ quella che riguarda mister Tigros, Paolo Orrigoni, finito nella girandola corruttiva, meglio, nella supposta girandola corruttiva per l’acquisto, a Gallarate, di una fabbrica dismessa destinata ad essere trasformata in un supermercato. Gli altri imputati coinvolti con lui nella vicenda hanno patteggiato, ma dopo aver spiegato i termini della questione per filo e per segno. Orrigoni, buon per lui, è uscito senza macchia per convinzione del tribunale al cui giudizio si è invece sottoposto. Scelta processuale vincente, non c’è dubbio. Ma non onoreremmo il nostro compito di cronisti se tacessimo i tanti come e perché che ne sono derivati. Benchè nelle oltre 600 pagine di motivazioni alle diverse sentenze del processo si diano ampie spiegazioni, da interpretare, cioè da capire, fino in fondo. Un compito per gli addetti ai lavori.

Poco da dire su Legnano. L’inchiesta denominata Piazza Pulita (altra suggestiva ed evocativa definizione) ha imboccato la via del nulla di fatto, dopo arresti e relativa gogna mediatica che ne è conseguita. Poi le condanne a Busto Arsizio e, infine, l’assoluzione con formula piena in appello a Milano. Vale lo stesso discorso per Paolo Orrigoni: tanto rumore; e tanti danni personali e alle carriere politiche e professionali, per approdare al nulla.

In altri termini, immagine distrutta e quindi riabilitata. Ma a quale prezzo? Domanda retorica, che presuppone risposte scontate. La stessa domanda e le stesse risposte che si dà l’opinione pubblica, la gente comune, che non conosce i meccanismi della giustizia e del complicato sistema che la sostiene. Che però ne assume gli sbocchi, e ne percepisce le contraddizioni e i limiti. Sufficiente un giro per i tribunali del Belpaese per averne conferma. Un sistema che offre anche garanzie, giudicando una persona innocente o colpevole soltanto dopo il terzo grado di giudizio. O fino a prova contraria.

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