VISTO&RIVISTO Il movimento delle emozioni come genetica di un popolo

minchella almodovar visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

MADRES PARALELAS, di Pedro Almodovar (Spagna 2021, 120 min.).

Centoventi minuti di movimento. Continuo e perpetuo. Almodovar realizza un ritratto intimo e diretto su un popolo e sulla difficoltà ancestrale di fare i conti con il proprio passato. E lo fa creando un gigantesco vortice di emozioni e di colori che trascinano lo spettatore nei meandri della memoria storica di un paese, di un popolo. La guerra civile spagnola e il numero altissimo delle sue vittime si miscelano con la storia di Janis e Ana, due madri che partoriscono lo stesso giorno nella stessa struttura. E come le loro vite si intrecciano per sempre, la narrazione crea un flusso unico e contorto con il desiderio di una nazione di ritrovare tutti i suoi morti dispersi durante il periodo più buio e difficile della sua storia recente.

Janis, una sempre brava e fresca Penelope Cruz, vuole a tutti i costi riesumare da una fossa comune nel suo paese d’origine il suo bisnonno per pacificare un passato ingombrante e asfissiante per lei, per la sua famiglia e per tutta la Spagna. Parallelamente a questo progetto, vive da sola una maternità preziosa e sconvolgente che presto diventerà un’esperienza totalizzante e sempre più incerta. Dubbi e sospetti si impadroniranno della sua mente e il rapporto con Ana diventerà sempre più morboso e necessario.

Pedro Almodovar realizza un racconto profondo e sconcertante sulla maternità e sulla netta distinzione tra la possibilità di generare una vita e sulla capacità di essere genitore. Come Michela Marzano ci spiega nel suo saggio “Papà, Mamma e Gender”, la maternità e la genitorialità sono due cose distinte e ugualmente importanti. Non sempre devono appartenere alla stessa persona. Chi non ha generato una vita può ugualmente, o in una maniera migliore, esser genitore di un essere vivente. Chi genera una vita non è detto che abbia una buona capacità genitoriale. Questo concetto, semplice ma non sempre compreso come naturale, viene descritto da Almodovar con un interessante corto circuito genetico in cui le due madri del film potrebbero non essere le vere madri dei loro figli.

Questo sparigliare le carte diventa il motore deflagrante dell’intera vicenda. Ne consegue un intreccio costane in cui nulla è come appare. Almodovar ci accompagna in un paradosso biologico con una capacità poetica sussurrata e indefinita, e con una esplosione di colori e di luce che trasformano l’intera azione in un’esperienza onirica ed unica. Il linguaggio e le inquadrature si fondono in un unico metodo di comunicazione che solo una madre sa e può usare con il proprio figlio. Assistiamo ad una narrazione epica sull’arte e sulla sua capacità di raccontare senza filtri le tragedie e le gioie di una persona, di un popolo.

Guardando “Madres Paralelas” riceviamo una carezza materna che ci culla e ci protegge anche di fronte ai crimini assurdi e incomprensibili che un popolo è stato costretto a subire per svariati anni. La voglia di Janis di riportare alla luce quei cadaveri diventa la coscienza colettiva di un popolo e il desiderio spasmodico di fare i conti con un passato ancora troppo vicino e che, quindi, può attrarre pericolose simpatie tra i più giovani, sprovvisti di memoria e di una solida e matura presa di coscienza di quanto può essere violento l’assolutismo. Il teatro e la fotografia diventano, qui, le espressioni più concrete dell’anima di una persona. Janis, fotografa, sembra in grado di poter vedere oltre le barriere comuni che la società contemporanea vuole imporre nella vita di ognuno. Il monologo della madre di Ana diventa un manifesto che straripa dai bordi dell’arte per impossessarsi di ogni angolo della vita di una donna. E proprio di una donna sembra essere l’unica possibilità di creare una famiglia equilibrata e solida in cui la figura maschile si riduce ad essere una semplice fonte di materia prima.

Forse la sensibilità e la capacità introspettiva di una donna possono articolare meglio una società che alla violenza cieca e sproporzionata può preferire una empatia ed una delicatezza che solo chi ha il potere di generare è in grado di possedere e di diffondere.

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RIVISTO

TUTTO SU MIA MADRE, di Pedro Almodovar (Todo Sobre Mi Madre, Spagna Francia 1999, 101 min.).

Il capolavoro di Almodovar che scardina e analizza il complesso e totalizzante concetto di maternità e di paternità. Un’analisi profonda sul perdono, la colpa e la libertà.

Un poetico racconto sulla potenza terapeutica delle relazioni umane e dell’inclusività di tutte le innumerevoli diversità che compongono il mondo. Da rivedere per comprendere la grandezza e la modernità di un autore sempre attento e schietto.

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