Morti in RSA, la FNP CISL: «Non diventino solo un capro espiatorio mediatico»

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MILANO – «I fatti ci hanno dato ragione: gli anziani più fragili sono diventati le vittime sacrificabili al coronavirus, nel silenzio assordante di molti». Lo rileva Emilio Didonè, della segreteria FNP CISL pensionati Lombardia, nel ricordare che fin dal 17 marzo il sindacato attaccò, insieme con i sindacati pensionati di CGIL e UIL, la decisione della Regione Lombardia di individuare anche le RSA, case di riposo per anziani, come strutture di ospitalità per pazienti Covid-19 dimessi dalle strutture ospedaliere. Da allora «la situazione delle RSA si è fatta sempre più grave, con i sindacati pensionati che hanno continuato a fare pressione sulle istituzioni competenti e sulle prefetture in tutta la Lombardia per ottenere interventi urgenti, che interrompessero quella che ormai si stava rivelando come una vera e propria decimazione di una generazione».

In tre mesi quasi 2.000 vittime, la metà d’Italia

Da allora, rileva il sindacato, anche i media hanno cominciato a occuparsene, sono intervenuti NAS e Guardia di Finanza con controlli più puntuali e la magistratura ha avviato una serie di inchieste. «Era prevedibile – osserva Didonè – che proprio in queste strutture le morti si sarebbero moltiplicate. Dove fossero le autorità nazionali, regionali e territoriali è da sapere? I numeri dei deceduti, per quanto non completi e veritieri, sono più che drammatici». Secondo una indagine dell’Istituto superiore di sanità, i morti nelle RSA lombarde dal 1° febbraio alla fine di marzo sono 1.822, quasi il 50% del totale dei decessi a livello nazionale: metà di queste morti sono avvenute negli ultimi quindici giorni di marzo, segno della presenza del virus nelle strutture. Difficile risalire ai numeri reali perché gran parte delle RSA non risponde ai questionari. Nella stessa indagine si ricava che nell’86% delle RSA del campione non erano presenti i dispositivi di protezione per gli operatori; inoltre, erano carenti e non adeguati i protocolli per affrontare l’emergenza.

«Ripensare il ruolo e l’assistenza nelle case di riposo»

Per la FNP CISL la situazione in Lombardia «è stata forse aggravata da alcune indicazioni contradditorie della Regione, dalla mancata applicazione (e controllo) di precise istruzioni sui comportamenti da tenere per evitare la diffusione del contagio, dalla mancata formazione ad hoc degli operatori per questi casi, dalla mancata fornitura di mezzi di protezione per il personale». Di qui la conclusione che «c’è un urgente bisogno di ripensare la vita nelle RSA e case di riposo. Va ripensato il ruolo delle RSA, che spesso non sono solo residenze per ospiti anziani soli ma veri presìdi sanitari. L’invecchiamento progressivo della popolazione – insiste Didonè – richiede un nuovo modello socio sanitario assistenziale e organizzativo che affronti la vecchiaia e la non autosufficienza in tutta la sua complessità, senza dimenticare gli anziani soli a casa, ancora autosufficienti ma privi di adeguato sostegno familiare: anche qui si dovranno trovare nuove forme di assistenza. A che cosa serve continuare ad allungare la vita se poi non si riesce a garantirle una continuità di vita sociale “normale”, un’assistenza socio sanitaria adeguata e/o una morte dignitosa alla persona?».

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