Nature Urbane, Zanzi: «Era una visione. Varese poteva essere faro dell’ambiente»

Nature Urbane

VARESE – «Era un mio chiodo fisso, che avevo maturato con decenni di esperienza e conoscenza profonda del territorio varesino e del suo paesaggio. Era una visione». Così Daniele Zanzi, ex vicesindaco di Varese, si è espresso in merito al festival Nature Urbane, manifestazione che era nata proprio da una sua idea. Una visione, ha spiegato Zanzi, che non si è però tramutata in realtà.

Dibattito con i Cantieri Civici Varesini

Il tema è stato al centro del decimo appuntamento dei “Cantieri Civici Varesini”, ciclo di serate online promosse da Varese 2.0. Assieme a Zanzi sono intervenuti Marco Giovannelli, direttore di VareseNews, e due organizzatori di importanti eventi culturali. Filippo Rossi, direttore artistico di Caffeina Festival e Matteo Goglio, musicista e co-organizzatore di Una festival, hanno parlato delle rispettive esperienze. Zanzi si è invece soffermato su quella che era l’idea originaria di Nature Urbane. «È stata una delle mie prime azioni in giunta – ha ricordato – il titolo non mi è mai piaciuto, perché non è identitario di questa città, avrei voluto che avesse un altro titolo, con una migliore definizione di questo festival che io sognavo».

Nature Urbane

Tre finalità

«La prima finalità che vedevo in questa manifestazione – ha spiegato Zanzi – era quella di dare finalmente un’identità a Varese, che non è più una città industriale o commerciale. È una città di provincia che fatica a trovare la sua reale dimensione. Pensavo e penso tuttora che il destino ambientale sia la peculiarità del suo territorio. Varese ha una miniera, che è il suo ambiente. Si trattava di usare i picconi, andare in questa miniera, estrarre i diamanti e farli conoscere». Quindi la seconda finalità: l’idea era di dare una prospettiva economica, con l’ambiente come volano. «Una sorta di Silicon Valley dell’ambiente. Questo avrebbe attirato anche il turismo e dato una prospettiva culturale, tema su cui Varese soffre molto la vicinanza con Milano». Infine l’ultimo obiettivo. «Immaginavo che Varese potesse diventare il faro dell’ambiente delle città italiane. Poteva essere la città ambientale per eccellenza».

Cosa non ha funzionato

Non è un mistero che intorno a Nature Urbane si siano verificate frizioni in giunta. «Io ho vissuto dall’interno la faccenda, non da protagonista perché di fatto sono stato escluso sistematicamente», ha osservato Zanzi. L’ex vicesindaco è quindi entrato nel merito di cosa non ha funzionato in questi anni. «Sono venute a mancare le interconnessioni con il territorio. A Varese hanno operato dal ‘700 ad oggi i maggiori paesaggisti storici mondiali. La prima società di professionisti è nata a Varese nel 1899. Questi operatori sono stati lasciati ai margini. L’Ordine degli architetti paesaggisti è stato coinvolto solo ed esclusivamente per portare relatori a Varese». Secondo Zanzi non sono state valorizzate a dovere le guide turistiche e il ritorno per gli esercenti della città è stato minimo. «Ho sentito degli albergatori che mi hanno detto che il loro riscontro era zero».

Semi da innaffiare

«Avevo proposto di utilizzare parte dei fondi del festival per impiantare stabilmente un angolo di paesaggio a Varese in modo tale che rimanesse – ha aggiunto Zanzi – se avessimo fatto questo in 4 anni ci troveremmo circa 2000 o 3000 metri quadrati di paesaggio diverso in più a Varese. Non è stato fatto». Ma l’idea di Nature Urbane può ancora avere un futuro. «Il festival – ha concluso Zanzi – dovrebbe essere un contesto che caratterizza la città. Sotto questo punto di vista ha fallito, ma ha lasciato dei semi buoni che se ben innaffiati potrebbero produrre un baobab».