No all’eliminazione del Bonus Culturae: quali opportunità offriamo ai giovani?

Carissimo Direttore,
Carissimi lettori,
Mi sento in dovere di sottolineare un elemento nell’impostazione, seppur ancora provvisoria per un passaggio parlamentare che potrebbe correggerla, della legge finanziaria, che sostanzialmente rispecchia, come ciascuno può facilmente comprendere, una volontà di collocazione identitaria da parte della maggioranza di governo, che, come molte altre hanno costituito, la prima fase di questo nuovo passaggio storico. In esso abbiamo avuto rassicurazioni sul piano internazionale (sebbene sarei prudente, lasciando passare questi primi cento giorni), ma anche delusioni sul piano delle politiche culturali nazionale e sul taglio significativo delle risorse su di esse. E mi riferisco in particolare, a seguito della mia sensibilità e competenza, all’investimento sui giovani, in campagna elettorale obiettivo di impegno e di investimento da parte di tutti, salvo effettuare tagli sul settore dell’istruzione che tendono nell’attenzione comune a passare inosservati (anche per la loro gestione fatta di parole vuote e slogan, che non corrispondono alla realtà): questa la ragione del mio intervento e dell’esposizione del mio modestissimo parere. Anzi di una disamina oggettiva.
L’eliminazione del cosiddetto “Bonus Culturae”, riproposta in forme retoriche e convenzionali, ma nella realtà subdolamente e oggettivamente costituenti dei tagli significativi, mostrano un disinteresse per la politica culturale che fu impostata con la “Buona Scuola” dal governo Renzi, pur con le sue superficialità tecniche, ma che costituì una serie di contributi economici sostanziali in tre campi fondamentali: una scuola inclusiva, una scuola tecnologicamente avanzata, un investimento sulla formazione libera e incondizionata dei docenti, scevra da servilismo nei confronti delle case editrici, ma capace nell’autonomia personale di investire sulla propria formazione, non solo in termini di scelte specifiche disciplinari e di dotazione tecnologica (cosa esclusa dalle nuove prospettive), ma anche nella scelta di corsi di formazione consoni alle proprie aspirazioni e agli indirizzi formativi nella scuola in cui si opera. Parlo sostanzialmente della prevista abolizione dei 500 euro e di altre mancate, ancorché auspicate da un governo che fa del “merito” il centro del proprio indirizzo politico, occasioni di cambiamento, come quello dell’obbligo formativo dei docenti, tuttora sussistente solo nella forma ma non nella sostanza.
Ma non voglio annoiare i lettori con cui apro comunque un dialogo costruttivo dal quale mai mi sottrarrò, anzi ne sarò onorato, su questioni “tecniche” relative alla scuola che, mi perdonerete, è il mio campo. I miei oltre trent’anni di insegnamento mi hanno reso consapevole che investendo sui più “deboli” per provenienza sociale e disponibilità economica, si ottengono i migliori risultati: per questo sono fautore di una scuola inclusiva, lontana da qualsiasi uso retorico del termine; chi mi conosce sa quanto abbia investito in questo campo e continuo a investire in termini di formazione dei nuovi docenti.
Però mettiamoci nei panni di questi giovani, dai più capaci agli “esclusi”: quali opportunità offriamo loro? Quali opportunità riserviamo a noi stessi, nel mancato e ancor una volta ridotto investimento sulla capacità di penetrazione della cultura nei loro animi per creare nuovi professionisti, capaci imprenditori, nuovi membri della classe politica del futuro?
L’autoreferenzialità è un disastro morale di cui qualcuno dovrà rispondere. Questa la ragione che mi ha spinto ad aderire a livello territoriale, quello a cui il mio cuore mi porta per il senso di appartenenza, ad accettare la responsabilità di Responsabile del Dipartimento Cultura dell’Officina delle Idee 2.0, portatrice di quei valori liberali e tesi a un incremento della presenza giovanile e delle occasioni di incontro e “produttive di idee” che, a differenza di “organizzazioni culturali” cittadini nate e morte al primo tavolo di lavoro, è e sarà ancora di più in futuro ideatrice di progetti coinvolgenti i giovani. Ed è la stessa ragione che mi ha spinto ad aderire, “vergin di servo encomio” come ben sa chi conosce la mia incontestabile onestà intellettuale, al progetto politico liberale e riformista: l’unico in cui ho visto questa apertura
concreta.
Per il resto, la speranza di questa mia ultima tranche di carriera (in cui spenderò tutte le mie energie civiche, come da sempre) possa non vedere retorica politica, ma fatti concreti: e soprattutto partecipazione e formazione politica delle giovani generazioni. È l’ultima speranza: ci investirò tutte le mie energie, assieme al gruppo che sostiene l’Associazione. Questo mio scritto è un’attestazione di fedeltà: metto in gioco la mia parola sull’impegno per le giovani generazioni. Abbiamo bisogno di un “passo” culturale che ci spinga a superare quelle formazioni che hanno tra i loro adepti (da essi scelti) qualcuno di “autorevole” che sostiene che “con la cultura non si mangia”.

Massimo Tosi
Responsabile del Dipartimento Cultura
Associazione Nazionale “Officina delle Idee” 2.0

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