Fischi per fiaschi. Fenomenologia di coach B.

Pallacanestro Varese Bialaszewski fischi

VARESE – Ammettiamolo, a Varese non ci avevamo capito niente. Compreso chi scrive. Considerare cioè Tom Bialaszewski come l’origine dei mali di questa Openjobmetis e non una possibile soluzione ai suoi problemi. I fischi e il crucifige della Itelyum Arena avevano sentenziato il colpevole: coach B.

I paragoni con il passato

Inevitabile fare paragoni con il passato. Varese aveva ancora negli occhi il dynamic duo degli “immancabili” Brase&Galbiati. E i vecchi bucanieri abituati a navigare nei mari in tempesta delle crisi (il graffio del “feroce Saladino” Artiglio Caja e la lucida follia dell’olandese volante Johan Rojiakkers). Ricordate il libro di Umberto Eco “Fenomenologia di Mike Bongiorno”? A Varese andrebbe aggiornato e riscritto. Per aggiungere un nuovo capitolo alla galleria degli allenatori transitati da Masnago. Dedicato a coach B.

Fenomenologia di coach B.

Non ci avevamo capito niente del pretino americano che siede in panchina. Lo ammettiamo e ne facciamo pubblica ammenda. Coach B. (o padre Tom) è abituato a dialogare con i giocatori, ad assecondarli, a blandirli, quasi a confessarli, anziché prenderli a pedate nel sedere come un Caja o un Rojiakkers qualsiasi. Esattamente come faceva ai Lakers con Kobe Bryant (nella foto), di cui aveva la massima fiducia. Con questo modo curiale è riuscito a portare dalla sua la Openjobmetis, a tenerla insieme nonostante le cocenti delusioni di inizio stagione e a dare nuovi stimoli a un Mannion inevitabilmente intristito dopo 3 anni a girare gli asciugamani in panchina. Da un Mamba all’altro, missione compiuta. A parte Willie Cauley-Stein, oramai prigioniero dei suoi demoni e che avrebbe avuto bisogno di un esorcista più che del mite teologo nato a Buffalo. E a parte qualche altro giocatore dopo, si dice, un ruvido confronto post figuraccia con Leiden.

Un nuovo progetto tecnico con l’arrivo del Red Mamba

Coach B. ha capito che le sue fortune passeranno innanzitutto dalla coesistenza tra Nico Mannion e Olivier Hanlan e dall’incastro dei due nuovi Splash Brothers in salsa laghee con il terzo talento, Davide Moretti. Sul campo coach B. ha già trovato il suo profeta: Sean McDermott. Big Mc non ha né l’atletismo nè il tonnellaggio di Markel Brown, ma ha capito che di questa squadra dovrà esserne il cuore e l’anima, il guardiano e l’assaltatore, l’ingegnere e il capomastro, esattamente come l’anno scorso lo era il panterone ex Brooklyn Nets. Poi tutti gli altri, ciascuno con il proprio ruolo: i lunghi a fare legna e rollare, gli esterni a tenere alto il ritmo della squadra.

La società del General, non di Zamparini

Ha avuto ragione, dunque, Luis Scola a tirare dritto per la propria strada puntando su coach B., senza ascoltare una piazza (giornalisti compresi) per troppa passione inferocita, forcaiola e assetata di sangue dopo il deludente inizio? El General si è dimostrato un capo esattamente opposto ai tanti Zamparini di provincia, tagliatori di teste a ogni mugugno delle tribune. Di avere pazienza e idee chiare. Poi c’è un girone di ritorno da giocare e sarà il campo a parlare. Fiducia in coach B. non vuol dire beatificazione dopo 3 vittorie consecutive, ma semplicemente dargli la possibilità di mettere in campo la squadra giusta con gli uomini giusti.

Fischi per fiaschi

Di sicuro i fischi di Masnago a coach B. ignorano uno scenario profondamente cambiato dopo l’arrivo adrenalinico del nuovo eroe di Masnago, Nico Mannion. Basta ceffoni, basta umiliazioni, basta volonterosi carneadi che passeggiano alla Itelyum Arena. Ora Varese ha una squadra e il mite coach B. ha preso il timone saldamente tra le sue mani. Anche a costo di qualche rimbrotto a giocatori e staff. Ignorare questo cambiamento vuol dire prendere fischi per fiaschi. Il dubbio, oggi, è quantomeno legittimo. E nel dubbio domenica a Masnago contro la Reyer sarà meglio trasformare i fischi in applausi.

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