Confartigianato ai candidati: «Chi andrà in Europa deve pensare alle Pmi»

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VARESE –  Think small first, pensare prima di tutto al piccolo. «Lo chiediamo all’Europa che verrà, un’Europa che sappia finalmente pensare alle aziende, il 93% del totale, che contano meno di dieci dipendenti». Il presidente di Confartigianato Imprese Varese Davide Galli lancia il manifesto dell’Europa a misura di Pmi e lo fa attraverso uno slogan: pensare ai piccoli per fare grandi passi avanti.

Aumentare le risorse

«E’ quello che ci aspettiamo da chi verrà eletto in Parlamento Europeo, dalla nuova Commissione e da chi guiderà a fine anno la Bce: tre appuntamenti strategici sui quali ci giochiamo tutto, e non solo a livello economico» rileva il numero uno di viale Milano, che poco più di un mese fa ha compiuto una trasferta a Bruxelles per toccare con mano le difficoltà dell’attuale contesto: «Attualmente le risorse per le piccole e medie imprese sono scarse ed è difficile, per una Pmi, muoversi in un quadro normativo pensato perlopiù per aziende strutturate». Di qui l’appello, think small first, che sta anche alla base della richiesta di revisione e rafforzamento dello Small Business Act, al quale si chiede un’attuazione chiara e senza incertezze di politiche per le piccole e medie imprese, un sostegno all’aggregazione e l’elaborazione di una sorta di test concepito per analizzare preventivamente gli effetti delle proposte normative sulle Pmi. «Una rivoluzione copernicana della quale dobbiamo essere, per una volta, davvero protagonisti: troppo spesso, infatti, abbiamo affrontato le tematiche europee con distacco, scetticismo e, talvolta, anche con scarsa consapevolezza della posta in gioco, oppure ragionando sul voto europeo come se fosse un test per la politica locale: non è, però, più questo il tempo di agire o pensare così – prosegue Galli – Come associazione siamo consapevoli di dover quindi investire di più e meglio sulla cultura dell’Europa, a cominciare da questo appuntamento elettorale». Rientra in questo quadro il manifesto in dieci punti e l’incontro, in programma il 7 maggio a Gallarate, destinato a informare le imprese su ciò che è l’Europa oggi e di ciò che potrà diventare dopo il voto del 26 maggio: se ne parlerà con due docenti universitari esperti del tema, il bocconiano Carlo Altomonte ed Emilio Colombo (università Cattolica).

L’Europa deve favorire le imprese

«Abbiamo forse “trascurato” l’Europa, sbagliando. Ora terremo le antenne alzate e faremo in modo che lo stesso facciano le imprese, per verificare che chi andrà in Europa non lo faccia passivamente, ma sappia coordinare interventi finalizzati a migliorare il contesto in cui operano le imprese». Sul piatto le richieste sono chiare: accanto alla revisione dello Small Business Act e al contrasto al dumping sociale nell’Eurozona, è la formazione uno dei pilastri dei “grandi passi avanti” chiesti da Galli: «Servono azioni mirate ad aumentare le competenze di base e trasversali attraverso maggiori investimenti in istruzione, formazione professionale, formazione continua, competenze digitali e apprendistato, anche duale». Formazione e innovazione, che poi camminano di pari passo: «Le Pmi devono essere nelle condizioni di avere parità di accesso ai dati, di poter effettuare investimenti in cybersecurity e di poter impiegare l’intelligenza artificiale anche attraverso un potenziamento delle infrastrutture immateriali». Bollente il capitolo credito e concorrenza: «Chiediamo regolamenti bancari che incentivino il prestino alle Pmi, programmi europei che promuovano gli investimenti pubblici produttivi, regole fiscali che supportino gli investimenti prima che i consumi e l’adozione a livello europeo di una normativa, strategica, che attraverso l’indicazione di origine dei prodotti (Made In), ne valorizzi la specificità e favorisca la scelta consapevole dei consumatori». Alla voce internazionalizzazione, figura invece la «valutazione dell’impatto degli accordi commerciali sulle Pmi» mentre restano sempre all’ordine del giorno le misure per ridurre i ritardi dei pagamenti, particolarmente cogente in Italia e la «creazione di un regime fiscale armonizzato che garantisca che tutti gli operatori economici, indipendentemente dalle dimensioni e dalle ubicazioni, paghino la loro congrua parte di imposte». Ultima, ma non meno importante, la domanda di sanzioni in caso di gold plating a livello nazionale: «Ovvero, gli Stati non complichino al proprio interno ciò che l’Europa ha cercato di semplificare».

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