Poveri noi: l’ascensore sociale rotto

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di Massimo Lodi

Esaminando il “Rapporto sulle disuguaglianze” della Fondazione Cariplo, il capo dei vescovi è tranchant: si stava male, si sta peggio. Si faceva il possibile, bisogna fare l’impossibile. Un modo di dire estremo/provocatorio, per sollecitare il pragmatismo. Se uno abituato a spendere parole in sobrietà come il cardinale Matteo Maria Zuppi, le impiega con ribollente foga, significa che la situazione è d’allerta.

Ne dà conferma, nel nostro piccolo, l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Varese, Roberto Molinari: siamo in sofferenza nell’aiutare i sofferenti, pur mettendogli a disposizione quanto le casse municipali e la prodigalità privata consentono. I nodi sono: 1) da tempo non si cammina insieme, testimonia Zuppi lamentando carenza di spirito sinodale ovvero aumento dell’individualismo menefreghista; 2) le politiche neogovernative manifestano un’idea avara-confusa nel conciliare crescita del Pil e sostegno ai marginali; 3) gli sforzi periferici/amministrativi non bastano a sopperire ai guasti d’indirizzi generali contraddittorii. Sintesi: va aggiustato l’ascensore sociale rotto. Perché è proprio rotto. Ne ignora l’impasse o il tonto o l’egoista.

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Massimo Lodi

Balza all’occhio questa semplice evidenza: la povertà rappresenta un destino. Spiegazione: nonostante l’ormai lontano auspicio papale (Fratelli tutti), e le annunciate intenzioni pubbliche solo qui/là tradotte in efficaci atti, e la generosità del volontariato che sopperisce ai deficit statali; malgrado un tessuto produttivo di Paese che resiste agli sbreghi istituzionali e prova a riparare lacerazioni varie; per quanto la solidarietà individuale risponda ad allarmi diffusi, sorreggendo la scricchiolante impalcatura nazionale; a fronte di tutto ciò, la radiografia d’insieme dell’Italia segnala un’immagine di grave sperequazione.

Sicché argomenta Zuppi: invece di sbandierare la retorica del merito, s’innalzi il vessillo dell’eguaglianza di inizio. Ciascuno deve avviare la sua vita scolastica -e dunque lavorativa, e dunque economica e avanti così- dallo stesso punto di partenza. Per riuscirvi, bisogna investire con intelligenza/capacità; per investire, bisogna utilizzare i soldi (europei) a disposizione; per utilizzarli, bisogna disporre della competenza necessaria; per disporne, bisogna contare sulle personalità adatte. Se no, si corre a precipizio verso il burrone del fallimento. È quel che rischia d’accadere, sbroccando nel servirsi in concreto dei finanziamenti Pnrr. 

A sentire premier e ministri, va profilandosi un terrificante ritardo, e già s’incolpano i governanti di prima, Draghi innanzitutto. Ecco l’imbarazzante modestia degl’inadeguati al ruolo, leggibile in nuce nel fresco monito lanciato dal presidente della Repubblica: è l’ora (ultima) di mettersi alla stanga. Si stava male, si sta peggio. Si faceva il possibile, si riuscirà a fare l’impossibile? Speriamo di sì, per sfuggire alla stangata. Memorabile.

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