Rapporto Censis, tra Ennio Flaiano e Giorgia Meloni

rapporto censis italia

Basta un’occhiata al rapporto annuale del Censis per accentuare la preoccupazione per il futuro del nostro Paese. Al punto che è facile ricorrere a Ennio Flaiano quando, in uno dei suoi taglienti aforismi, scriveva: “Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo”. Il Censis del resto ci definisce “un popolo di sonnambuli inerti”. In altri termini, il peggio che ci potesse capitare: ci lasciamo vivere, senza prospettive rassicuranti, senza una visione, senza la forza di cambiare una situazione che “ci rende ciechi davanti ai presagi”.

Un quadro di riferimento disastroso. Quanto vero? Gli stereotipi ci hanno sempre dipinti come persone capaci di riscatti sociali ed economici e non solo. Pizza, mandolino e passione per la vita. Per dirla con una parola che oggi va di moda: resilienti. Eppure, da sonnambuli non vediamo (non vedremmo), ad esempio, la crisi demografica. Nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Siamo – parola del Censis – intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80 per cento degli italiani il Paese è in declino, per il 69 per cento, dalla globalizzazione ci sono più danni che benefici. E adesso il 60 per cento ha paura che scoppierà una guerra mondiale, così, secondo il 50 per cento, non saremo capaci di difenderci militarmente.

Testuale dal rapporto: siamo ripiegati nel tempo dei desideri minori: non più alla conquista dell’agiatezza, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. L’economia dopo la fine dell’espansione monetaria? Record di occupati, ma crescita in rallentamento. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all’eutanasia il 74 per cento dei cittadini). E nella pesante incomunicabilità generazionale va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani, esuli in fuga: sono più di 36.000 gli espatriati fra i 18 e 34 anni soltanto nell’ultimo anno.

Come se non bastasse, lo studio riporta che oggi per gli italiani tutto è emergenza, dunque, alla fine, nulla lo è veramente. Ciò nonostante altri dati ci dicono, sconfortandoci, che l’84 per cento degli italiani è impaurito dal clima impazzito, che il 73 per cento teme per gli effetti dell’immigrazione e che, infine (meno male che l’analisi è ai titoli di coda), il 53 per cento teme per il collasso finanziario dello Stato.

I ricercatori del Centro Studi Investimenti Sociali mettono una zeppa dentro la serenità collettiva, la minano alla base. Vero, i dati vanno letti attentamente e interpretati. Noi non ne siamo all’altezza, ci limitiamo a riproporli così come ci sono stati presentati. Per i sociologi e gli economisti c’è lavoro senza un domani. La stragrande maggioranza di noi si limita a una lettura superficiale. Siccome siamo (saremmo) “sonnambuli inerti”, passiamo oltre, evitando di rifletterci troppo. Tanto c’è il proverbiale, mitico stellone italico a proteggerci. Tanto c’è Giorgia Meloni con il suo governo a infonderci la speranza, smentendo il Censis: “Tutto va bene madama la marchesa”. E se qualcosa non andasse bene verrà raddrizzato. Avanti con un’ultima popolare amenità: gente allegra il ciel l’aiuta. E finge di non vedere. Ah, la politica!

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