Dal Sacro Monte all’elezione del sindaco. Intervista al prevosto di Varese

varese monsignor luigi panighetti

VARESE – «Il Sacro Monte deve recuperare il proprio valore sacrale, religioso e spirituale. E tutto questo, indirettamente, potrà favorire anche la ripresa delle attività economiche presenti nel borgo». Inizia con uno sguardo rivolto verso la montagna sacra che sovrasta la Città Giardino l’intervista al prevosto e decano di Varese, monsignor Luigi Panighetti. «Nell’ultimo anno, infatti – continua – i vincoli imposti dalle restrizioni dovute alla pandemia di coronavirus hanno purtroppo ostacolato la possibilità di accedere alle proposte religiose del santuario e della comunità delle suore Romite ambrosiane lasciando spazio solo alla possibilità di un accesso ludico lungo il viale del Rosario».

Monsignor Panighetti, a poco più di un anno dallo scoppio della pandemia, qual è la condizione sociale in città?
«Riscontriamo una situazione di fatica. E tra la gente c’è ancora molto timore. Due sono le principali problematiche che emergono: quella socio-economica e quella educativa».

Quali sono i segnali di queste difficoltà?
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Negli ultimi mesi, le attività caritative delle nostre parrocchie hanno visto crescere notevolmente le richieste di aiuto ed inoltre, si percepisce un sempre più evidente disagio tra i giovani».

In autunno i varesini sceglieranno il loro nuovo sindaco. Che cosa chiede agli amministratori che saranno chiamati a governare la città nei prossimi cinque anni?
«La nuova amministrazione dovrà impostare le nuove linee programmatiche cercando di individuare soluzioni che permettano di affrontare adeguatamente le varie emergenze sociali legate alle difficoltà economiche e all’educazione delle giovani generazioni che stanno interessando anche la nostra città. Non solo».

Che altro monsignore?
«Favorire, come si è potuto osservare nell’ultimo anno e mezzo, uno sviluppo dei servizi a domicilio a favore di quelle persone ancora autosufficienti che non necessitano di un ricovero in una residenza per anziani».

Monsignore, come possono “scrivere” i varesini quella “storia nuova” invocata dall’arcivescovo Delpini? 
«Rinnovando la forte tradizione di appartenenza cristiana ed ecclesiale e rilanciando la creatività imprenditoriale e lavorativa che ha sempre caratterizzato la storia di questa terra. Penso ad esempio al volontariato. Che rappresenta un’enorme risorsa che in questi ultimi mesi ha saputo offrire risposte concrete alle numerose richieste di aiuto della popolazione e delle istituzioni. Quando però, sarà cessata l’emergenza sanitaria occorrerà ridare vigore a queste attività perché in questi mesi, la paura del contagio, in qualche realtà ha fatto registrare un comprensibile e giustificato disimpegno di alcuni volontari».

Recentemente numerose attività commerciali del centro cittadino e non solo sono state messe a dura prova dalla crisi sanitaria ed economica. Secondo lei Varese è una città in “agonia”?
«Non penso che la situazione sia così tragica ma, certamente la città rischia di rimanere ripiegata su se stessa. Occorre ripensare valori grandi sui quali costruire la ripartenza e come trasformarli in azioni concrete».

A cosa pensa quando parla di valori grandi?
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Innanzitutto non si deve perdere di vista il significato dei legami e delle relazioni che devono contribuire alla realizzazione di un bene comune».

La “Lettera alla città”, il progetto che quattro anni fa ideò con don Mauro Barlassina, è ancora attivo?
«Dopo aver affrontato le tematiche legate al mondo del lavoro, in questo ultimo anno, nonostante le varie difficoltà, abbiamo insistito molto sul tema dell’educazione. Nei prossimi mesi, cercheremo di offrire un contributo di riflessione che possa essere di aiuto agli amministratori della città nell’individuazione dei bisogni prioritari a cui dare risposte nei prossimi anni».

Nel pomeriggio di martedì 11 maggio, nella basilica di San Vittore in streaming, i varesini potranno incontrare il presidente del Pontificio Consiglio della cultura e della Pontificia Commissione di archeologia sacra. Quale sarà il tema affrontato dal cardinale Gianfranco Ravasi?
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Il cardinale, invitato dagli “Amici di Piero Chiara” e intervistato dall’editorialista del Corriere della sera, Armando Torno, ci aiuterà a comprendere come ciascuno di noi è chiamato ad essere uomo e donna di speranza. Una condizione, che per i cristiani si raggiunge partendo dalla Pasqua del Signore mentre, per coloro che non si riconoscono nella fede nel non permettere che le forze negative prevalgano sul bene dell’individuo e della comunità».