Salirono per protesta sulla torretta radar di Malpensa. Assolti i “No Border”

No border malpensa

MALPENSA – Nicola Arboscelli, Michele Stimamiglio e Amir Fathi il 24 agosto del 2016 salirono sulla torretta radar dell’aeroporto di Malpensa in segno di protesta e di solidarietà contro il rimpatrio di 48 sudanesi richiedenti asilo. Condannati in direttissima a quattro mesi di reclusione dal tribunale di Busto Arsizio, ieri 21 gennaio i tre “No Border” sono stati assolti dalla seconda Corte d’Appello di Milano «perché il fatto non sussiste».

Le motivazioni della sentenza

Già in primo grado la pena per i tre imputati fu lieve. Fu infatti concessa loro l’attenuante «per aver commesso il fatto agendo per motivi di particolare valore morale e sociale». Ad attenderli fuori dal tribunale di Busto si radunarono circa trenta No Border arrivati dalla Liguria e dalla Lombardia in segno di solidarietà. Esposero uno striscione con un chiaro messaggio: «Fermare le deportazioni non è reato. Europa complice. Libertà per i tre della torre».
Per conoscere le motivazioni dell’appello bisognerà attendere 60 giorni. Con ogni probabilità non è stata considerata come resistenza a pubblico ufficiale la loro minaccia di buttarsi dalla torre se i poliziotti si fossero avvicinati. Il tema dei rimpatri è da alcuni anni a Malpensa molto caldo, come dimostra la rocambolesca fuga di un egiziano da un aereo Air Italy soltanto una settimana fa.

I No border

Il presidio permanente No Border di Ventimiglia è nato l’11 Giugno del 2015, quando un gruppo di migranti per resistere a uno sgombero trova rifugio sugli scogli. Attorno a loro si è creato un movimento che rivendica il diritto alla mobilità, non solo per i profughi, attraverso i confini nazionali. «L’obiettivo dichiarato dallo Stato è impedire alle persone in fuga da guerra, persecuzione politica e miseria di raggiungere l’Europa. E di rimandare indietro chi, già nel nostro continente,  non può decidere dove vivere ed è privato della dignità e della libertà personale».
E’ questo il credo ideologico che convinse i tre attivisti nell’agosto di tre anni fa ad agire a Malpensa per tentare di bloccare il volo sul quale erano stati imbarcati quaranta sudanesi provenienti da Ventimiglia. Un blitz inutile in quanto l’aereo decollò da Torino , come spiegarono loro stessi nel comunicato pubblicato sul blog ufficiale del movimento. «Tre solidali si sono arrampicati su una torretta, senza invadere la pista, per protestare e cercare di guadagnare tempo. Ma il meccanismo micidiale non si è fermato e l’Italia è complice di una deportazione di massa che condanna quarantotto sudanesi all’annientamento di ogni speranza di vita. Poco prima della partenza si è scoperto, infatti, che il volo non sarebbe partito da Malpensa, bensì da quello di Torino con a bordo una quarantina di sudanesi presi a Ventimiglia ieri sera. Questo schifoso meccanismo continua a rimescolare le sue carte perché vuole rimanere nascosto agli occhi di tutti. Hanno paura delle proteste e vogliono solo silenzio su quello che fanno».

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