Sul nuovo ospedale Busto-Gallarate, la politica ha rotto le scatole

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L'area sul confine tra Busto Arsizio e Gallarate dove è ipotizzato il nuovo ospedale

Ricapitoliamo: a Busto Arsizio, in funzione dell’ipotizzato ospedale nuovo in condominio con Gallarate, Gigi Farioli (Popolo, Riforme e Libertà) ripropone la Commissione sanità. Idea che Maurizio Maggioni (Partito democratico) fa sua nell’ottica di responsabilizzare, sulla delicata questione, l’assemblea civica di Palazzo Gilardoni. Il sindaco Emanuele Antonelli coglie l’occasione per convocare un Tavolo con gli operatori del settore per discutere, guarda caso, dei problemi relativi all’assistenza sanitaria e, manco a dirlo, al futuro nosocomio. A ruota si lancia Busto al Centro, che suggerisce l’istituzione di una Consulta aperta alla cittadinanza, così che possa partecipare al dibattito per l’ospedale che verrà, quando verrà. Da Gallarate arrivano segnali per una locale commissione che si occupi dello stesso problema. Addirittura c’è chi propone un referendum. Tutti protesi a risolvere, a seconda delle posizioni, il dilemma principale del Basso Varesotto: l’ospedale unico. Di cui si parla da quasi quattro lustri senza che, appunto, si sia risolta una beata cippalippa.

Dilemma che non si risolverà di sicuro nella babele di chiacchiere che si va profilando tra commissioni, consulte, tavoli, tavolini, banchetti e chi più ne ha più ne aggiunga, sopra i quali la politica inconcludente vuole mettere cappello per intestarsi l’illusione della partecipazione democratica in una faccenda che, al contrario, richiede competenze specifiche e, al posto delle parole, i fatti.

Sulla necessità di una struttura che sostituisca i fatiscenti ospedali di Busto e Gallarate, garantendo efficienza e funzionalità, sono d’accordo tutti gli addetti ai lavori. Per quanto possiamo capire, lo sono i sindaci delle due città, seppure con sfumature differenti rispetto alle esigenze dei propri orticelli; lo è la Regione Lombardia alla quale compete l’onere di realizzare e gestire questo benedetto o stramaledetto, non sapremmo dire, ospedale. Poi c’è chi vi specula, in scia alle interpretazioni di una certa opinione pubblica che vorrebbe ambulatori, sale operatorie, e reparti davanti all’uscio di casa. Politici che sposano le esigenze di una qualunque sciura Maria in funzione del consenso, benché consapevoli che il Sant’Antonio Abate e il bustocco Circolo non siano più sostenibili per una moderna e, appunto, efficiente e funzionale offerta curativa. Tant’è vero che i medici sono in fuga e i due pur gloriosi presidi stanno perdendo, anzi, hanno già in larga parte perso attrattività.

A fronte di tutto ciò ci sono i disservizi e i disagi che subiscono gli utenti, dei quali si trovano tracce in decine di articoli di giornale e di prese di posizioni pubbliche, spesso ignorate dalle autorità amministrative e sanitarie. Alcune volte bollate come proteste strumentali dai politici, come se la mancanza di medici o le infinite attese per un esame clinico siano capricci di coloro i quali si andrà poi a chiedere il voto.

Facciamola breve. L’ospedale unico è oggi irrinunciabile. Non lo diciamo noi, che, come la sciura Maria, non abbiamo competenze in materia, ma lo dicono, anzi, lo ribadiscono gli esperti, chi è del mestiere. E, comunque, il progetto è in ballo da troppo tempo per tornare a ridiscuterne i contorni, come già accaduto mille volte nel recente passato. La Regione si dia finalmente una mossa, quanto meno dica come intende muoversi da qui in poi. Non scarichi le colpe dei ritardi sui sindaci, e i sindaci non le scarichino sulla Regione. Nel frattempo, si metta mano ai due ospedali in via di decadenza progressiva e pericolosa per la salute collettiva. E la si smetta di confrontarsi su un argomento attorno al quale ci si confronta da troppo tempo. Con il risultato che sull’ospedale nuovo, la politica ha rotto le scatole. Per non ricorrere ad altre sconvenienti immagini, seppure più efficaci, nel contesto di una vicenda che pare di un altro mondo, non della pragmatica e ricca Lombardia “locomotiva del Paese”.

La protesta dei malati. In 200 davanti all’ospedale di Gallarate

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