«Troppo degrado, vado via da Busto»: Porfidio dice addio. Ma non spegne la Voce

BUSTO ARSIZIO – «Busto mi ha dato tanto e l’ho amata come se fosse la mia terra, ma non la riconosco più. La vedo degradata e con i cittadini arrabbiati perché non hanno servizi e non vengono ascoltati». Audio Porfidio, ex consigliere comunale, saluta e se ne va. Dopo vent’anni a battagliare, per nove anni in sala esagonale (dopo che sfumò «dalla sera alla mattina» la sua candidatura ad assessore alla polizia locale per AN ai tempi della giunta di Gigi Rosa) e poi dall’esterno con il suo movimento La Voce della Città, ha deciso di trasferirsi in provincia di Padova. «Ma la Voce non chiude – annuncia dalla sede di viale Cadorna – rimarrà un punto di riferimento per i cittadini». E attacca il sindaco Antonelli, appena rieletto: «Con che coraggio dice di venire ad abitare a Busto? Dove sono questi servizi? – tuona Porfidio – va a tagliare i nastri al bar, solo per farsi vedere, ma per la città non fa niente. Le periferie sono un disastro, mi vergognerei di essere sindaco di una città all’abbandono».

L’addio a Busto

Il trasloco definitivo è atteso per il prossimo mese di dicembre. Audio Porfidio lascerà Busto Arsizio per trasferirsi a Stanghella, paesino di campagna vicino ad Abano Terme. «Piccolo ma pulito, ordinato e accogliente – afferma l’ex consigliere – appena sono andato in Comune a chiedere informazioni si sono subito mossi per sfalciare le erbacce vicino a casa mia. Vuol dire che le pecore le posso lasciare qui». Le pecore di cartone, una delle sue ultime provocazioni, per denunciare l’incuria dell’aiuola di Largo Giardino che aveva adottato posizionando una lapide dedicata ai magistrati caduti in servizio. Una delle “eredità” che lascia in città, come il “Cubo” al centro della rotonda di viale Sicilia, che aveva realizzato per i 150 anni dell’Unità d’Italia. «Dava fastidio e me lo hanno fatto togliere da piazza Garibaldi» ricorda. «Lascio Busto con rammarico ma spero che abbiano cura dei miei monumenti».

La storia

La scelta ormai è definitiva, dopo più di cinquant’anni a Busto, per lui che è nato nel 1945 in provincia di Potenza: «Sono arrivato qui nel 1966-67, allora lavoravo a Varese – racconta Porfidio – Busto mi era piaciuta e cercai casa. Chiesi aiuto al sindaco Gian Pietro Rossi, che mi accolse con il sorriso e mi procurò un alloggio. Il mio primo ufficio di infortunistica stradale era in piazza Manzoni, al grattacielo, poi iniziai la mia carriera di agente di assicurazioni per la compagnia tedesca Nord Stern. Busto mi ha dato tanto e mi ha accolto come se fosse la mia terra, me ne sono innamorato. Allora ai 5 Ponti c’era quel bel pino in mezzo e il chiosco dei gelati e c’era sempre un “ghisa” che mi dava indicazioni, era una città pulita e ordinata. Oggi invece vedo Busto degradata, non è più quella di una volta di cui la gente si innamorava».

Le battaglie

«Hanno rovinato il viale con le rotonde e hanno distrutto la piazza Tri Cü, che era uno dei simboli della città, per spostare il monumento ai Caduti in mezzo ad una rotatoria a prendersi gli scarichi delle auto». Un j’accuse, forse l’ultimo: «Non so come mai abbiano fatto cadere Busto in un degrado di questo genere – continua il fondatore de La Voce della Città – i ponti allagati con le auto e i bus che rimangono intrappolati dentro non si erano mai visti. Si spendono i soldi per le manifestazioni di facciata ma non per sistemare le strade piene di buche e i marciapiedi sconnessi. Anche quando ero consigliere comunale, facevo delle battaglie per i cittadini, ma rigettavano tutte le mie proposte solo perché davo fastidio».

La “Voce” non chiude

La voglia di combattere non gli manca, e infatti la Voce della Città non si “spegne”: «È nata per difendere i diritti dei cittadini. Chiedono le piccole cose, come la manutenzione delle strade e la presenza dei vigili non solo a fare contravvenzioni per il disco orario. Quando ci sono le elezioni il sindaco in persona viene con la carriola e il bitume a tappare le buche, poi fanno tutto fuorché per l’interesse della città. Per questo l’ufficio rimane aperto, è un punto di riferimento per i cittadini». Ma non è solo la politica cittadina (Antonelli ma anche il suo predecessore Farioli che «non ha fatto nulla per la città in dieci anni» e gli assessori che «non hanno le competenze per i ruoli che vengono loro affidati») nel mirino: «Me ne vado anche per gli ospedali che non danno più servizi – rivela Porfidio – i medici non mi rispondono per le cure e nei sotterranei degli ospedali ci sono i barboni che dormono e le infermiere che hanno paura a passare». Ma rivendica: «Amo Busto e ho fatto tanti lavori di tasca mia per migliorarla. Qui lascio il mio cuore e ogni tanto ci tornerò».

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