Turbigo, salva ubriaco caduto nel Naviglio. «Ma quanta indifferenza fra i passanti»

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TURBIGO – Non ha esitato a entrare nelle acque fredde e scure del Naviglio per tirare a riva un uomo che vi era caduto in stato di semi incoscienza. E così lo ha salvato dall’annegamento. È successo nel pomeriggio di ieri, mercoledì 15 novembre, lungo l’alzaia del Naviglio Grande, all’altezza della centrale termoelettrica di Turbigo (nella foto). A raccontarlo sui social è stato lo stesso uomo che ha salvato quello finito in acqua: Achille Moneta, di Cuggiono, noto nel territorio per la sua pagina Facebook “Ticino da salvare”. 

Poco dopo le 17.30, mentre percorreva l’Alzaia in bicicletta, ha visto un uomo che, dopo aver barcollato sul bordo del canale, ha perso l’equilibrio ed è caduto in acqua. Con lui c’era un’altra persona, che è rimasta a guardare la scena, senza intervenire. «La seconda persona – racconta Moneta – mi sembrava troppo tranquilla, e avevo tanti punti interrogativi nella testa, oltre alla fretta e alla voglia di fare qualcosa. In acqua, trasportata dalla corrente, c’era una persona a faccia in giù, nell’acqua, che muoveva lentamente le braccia».

In due in acqua per tirarlo a riva

Il passante non ha esitato a fermarsi, togliersi guanti, scarpe, casco, zainetto e a entrare in acqua per avvicinare il corpo alla riva, da cui era distante un metro, prima che la corrente lo trascinasse via. A quel punto l’altra persona, un ragazzo dalle fattezze asiatiche, forse pachistano, si è scosso ed è intervenuto ad aiutarlo. «Io ho una certa esperienza di recupero in corrente, acquisita con tutte le nuotate con i miei cani: devi stare un po’ più a valle di dove penseresti, per avere il tempo di posizionarti con sicurezza mentre il “pericolante”, trasportato dalla corrente, ti raggiunge. Si parla di pochi secondi, ovviamente».

Insieme, i due mettono i piedi in acqua, favoriti dalla scarsa pendenza della sponda, che in quel tratto è poco inclinata e fatta di sassi del Ticino. Si avvicinano all’uomo che è in acqua, sempre a testa in giù, riescono a prenderlo ciascuno con una mano, lo tirano verso la salvezza. «Il pericolante è assolutamente inerte. Gli afferro il giubbotto sul dietro, e lo tiro, con fatica, sull’alzaia con il busto, a faccia in giù. Provo un grande iniziale calo di tensione: il più è fatto. Capisco che non ha bevuto acqua, che è cosciente, che è ubriaco. E infatti appena torna a respirare dice “grazie”».

I tre rimangono lì, bagnati, in attesa dei soccorsi. Pochi minuti dopo, sul posto arriverà, insieme a un’automedica, un’ambulanza della Croce Azzurra di Buscate che porterà la persona salvata, risultata avere 55 anni, all’ospedale di Magenta. E qui comincia un’altra parte, meno nobile, del racconto.

«Stranieri più lesti a intervenire nelle emergenze»

«Mentre siamo lì – riprende Achille Moneta – con una persona fradicia, le chiazze di acqua sulla strada, la mia bici con le luci accese per terra, il mio casco per terra, io vestito da ciclista con il giubbetto giallo, passa una coppia di umani con un cane. Ci passano in mezzo, e non dicono nulla. Tutto bene? Cosa è successo? Serve aiuto? Nulla. Passa un runner… chiederà qualcosa? Zero assoluto. Sono allibito. Paura? Ma se hai paura, ti fermi venti metri prima e urli “cosa succede?”, non ci passi a 20 centimetri sbattendotene di quello che è successo, di quello che sta succedendo».

Moneta rifugge i complimenti e lamenta l’indifferenza degli altri passanti. «C’era anche una coppia con il cane che tornava verso Turbigo, a 500 metri, senza proferire verbo, ma io non sono più riuscito a stare zitto: “Tutto bene, grazie!”. E loro zitti. Non è la prima volta che mi capita di verificarlo: nelle situazioni di emergenza, gli stranieri sono spesso quelli che più si espongono. Gli italiani spesso sono dei pusillanimi. Mentre aspettiamo l’ambulanza, io e il “salvato” chiacchieriamo. Lui vorrebbe andare a casa, ma ovviamente non è in condizioni, il rischio sarebbe enorme. Mi dice che non sa nuotare. Il fatto che fosse ubriaco paradossalmente lo ha salvato, perché non si è fatto prendere dal panico e i vestiti lo hanno tenuto a galla quanto bastava. Con il panico, le braccia che si agitano ti spingono sotto».

Per il cuggionese, le emozioni non erano ancora finite. La stessa sera, dopo essere andato a un appuntamento, di ritorno lungo lo stesso percorso, «sull’alzaia tra la Padregnana e Castelletto, nei tratti senza nebbia dove potevo pedalare, quasi investivo due nutrie sui 10 chili, col rischio di cadere nel Naviglio, che lì è basso. E poi un cinghiale, che, comparso dal buio, mi ha fatto saltare sul sellino, poi è corso davanti a me per 50 metri prima di tornare nella boscaglia, con me dietro che urlavo “Vaaa’ vaaa’!”. Con la pelle ancora accapponata per la strizza».

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