Stranieri e Pmi: cambiamento e risorse nel docufilm di Confartigianato Varese

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VARESE – In Italia sono cinque milioni, e rappresentano l’8,5% del totale della popolazione. Percentuale che si abbassa all’8,4% in provincia di Varese, dove gli stranieri residenti sono 74.203 e raggiungono il 12,5% del totale degli occupati, contro il 10% della media nazionale. Sono questi alcuni dei numeri presentati oggi, mercoledì 22 dicembre, da Confartigianato Varese su un fenomeno, quello degli stranieri dipendenti o imprenditori sul territorio, che sempre più rappresenta una realtà con cui confrontarsi, alla luce del loro contributo al valore aggiunto generato dalle imprese in Italia (134 miliardi di euro).

I Paesi più presenti nelle imprese locali

«Abbiamo deciso di spingerci nelle aziende, di andare oltre la fredda contabilità, per comprendere come la presenza degli stranieri impatti sulle piccole e medie imprese, su quali settori si sia concentrata, con quali conseguenze e con quali possibili evoluzioni» ha spiegato Davide Galli, presidente della sezione varesina dell’associazione e protagonista di una videoinchiesta insieme a nove imprenditori e undici collaboratori provenienti dai Paesi maggiormente rappresentati nel tessuto imprenditoriale locale: Marocco, Santo Domingo, Senegal, Ghana, Polonia, Egitto, Pakistan, Serbia e Romania (a questi vanno aggiunti Bangladesh, Perù, Ecuador, Repubblica Domenicana, Sri Lanka e Moldavia).

Settore manifatturiero, costruzioni e servizi

«Il settore manifatturiero, così come quello delle costruzioni e dei servizi, è tra i maggiormente aperti all’ingresso di professionalità straniere anche a fronte della difficoltà di trovare figure analoghe in Italia», ha spiegato Galli. Gli stranieri sono una risorsa in grado di garantire continuità occupazionale alle aziende, che su questo contano alla luce dell’investimento messo in atto dagli imprenditori per trasferire le competenze che, spesso, al momento dell’assunzione i lavoratori non hanno. «Quello delle competenze è un tema che ci è caro da sempre. Per le imprese l’impegno formativo è oneroso, soprattutto quando a esso si affianca il problema della barriera linguistica, che non è irrilevante e, soprattutto per le prime generazioni di immigrati, è assolutamente presente e complesso da superare».

Il supporto del territorio

Galli ha insistito sulla necessità che il territorio supporti in modo efficace le aziende, consentendo loro di avvalersi di queste professionalità difficili da reperire in loco ma, al contempo, supportando gli imprenditori sia sotto il profilo del trasferimento di know how che nel rafforzamento di servizi e welfare indispensabili per agevolare coloro che in Italia non hanno l’aiuto delle famiglie di origine: «Entrando nelle aziende abbiamo scoperto storie di grande umanità, abbiamo colto il valore anche culturale che gli stranieri riescono a trasferire e la capacità dimostrata nell’integrarsi con i colleghi italiani: questo fa sì che rappresentino una risorsa da tenere in considerazione e sulla quale operare affinché l’integrazione sia positiva, e non punitiva o penalizzante».

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Superare il gap linguistico

«È evidente a tutti che le imprese dovranno cambiare sensibilmente nei prossimi anni orientandosi verso la transizione sostenibile e la digitalizzazione», è la riflessione del presidente di Confartigianato Varese. «Questo cambiamento non potrà prescindere dall’aggiornamento delle competenze: in questo senso occorre che si investa molto anche sui lavoratori stranieri, superando il gap della comprensione linguistica, che rischia di restare una barriera invalicabile se non viene affrontata per tempo e con determinazione». Nel corso del viaggio tra le imprese, questa forma di divario è stata il filo conduttore in grado di accomunare esperienze anche molto differenti, su cui gli imprenditori sono intervenuti in vario modo, cercando le soluzioni più adatte per far evolvere i propri dipendenti e accompagnarli in un percorso di crescita progressiva.

La scelta dell’autoimprenditorialità

«Sul nostro territorio sono più di 6.500 le imprese gestite da stranieri e gli stessi dipendenti, ascoltati nel corso del viaggio compiuto nelle scorse settimane, hanno manifestato in alcuni casi l’intenzione di seguire un percorso di autoimprenditorialità: segno della voglia di rendersi autonomi e creare qualcosa di proprio sul territorio». Un arricchimento, come lo definiscono Galli e Andrea Venegoni, direttore del Centro sullo Sviluppo dei Territori e dei Settori della Liuc Business School, sul quale è necessario intervenire affinché lo stesso territorio sia in grado di favorire un’iniziativa imprenditoriale che mai nulla toglierà a quella autoctona e, al contrario, andrà a renderla più ricca, intraprendente e sinergica.

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Gli strumenti per affrontare il cambiamento

«Chiudiamo questo docufilm con una consapevolezza: il nostro tessuto economico sta cambiando e dobbiamo trovare gli strumenti adatti per affrontare il cambiamento a cominciare, lo ripeto, dall’arricchimento delle competenze e dall’integrazione territoriale degli stranieri, affinché diventi sempre più performante, sano e in grado di produrre benessere collettivo», è stata la sintesi finale di Galli. Il filmato sarà diffuso tra le aziende e verrà inviato alle istituzioni, affinché si provino a immaginare una rete di supporto agli imprenditori italiani e un sistema di welfare capace di assistere le figure professionali indispensabili per molti di loro.

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