Vedano, più di 500 persone per ascoltare il prete che dà del “tu” a papa Francesco

VEDANO OLONA – «Non parlate mai di Dio a nessuno ma, vivete in maniera tale che la gente vedendo voi vi chieda di Lui». Con queste parole del patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, don Marco Pozza, il cappellano del carcere di massima sicurezza “Due palazzi” di Padova, ha concluso ieri sera, nella chiesa parrocchiale di san Maurizio, il suo intervento all’evento inaugurale della quattordicesima edizione della Fiera di san Pancrazio.

Più di 500 persone collegate e presenti

L’incontro con il quarantunenne sacerdote vicentino non ha deluso le aspettative della vigilia ed è stato seguito da circa 500 persone di cui 400 collegate via streaming. Ancora una volta, gli organizzatori della manifestazione guidati dal presidente dell’associazione “Fiera di san Pancrazio”, Walter Cortellari, e dal parroco, don Daniele Gandini, sono riusciti a portare a Vedano un personaggio che ha lasciato il segno nella storia dell’evento. Don Marco è infatti uno dei migliori comunicatori attuali della Chiesa italiana.

La sua figura può essere affiancata a quella del cardinale Raniero Cantalamessa. Entrambi sono personaggi carismatici capaci di affascinare le platee con interventi che esprimono concetti teologici fondamentali ricorrendo ad una forma comunicativa facilmente comprensibile anche a coloro che non possono vantare una formazione filosofica e teologica. Nelle sue frequenti apparizioni televisive, don Marco appare come prete anticonformista che non ha timore a presentarsi davanti a papa Francesco in jeans e sneakers rivolgendosi a lui utilizzando il confidenziale “tu”. «Non sono venuto per una catechesi o una lezione – ha esordito don Marco – ma per prendervi per mano e portarvi lentamente dentro l’inferno, il carcere, che spesso per l’immaginario collettivo è una terra infernale dove vivono delinquenti, mostri e gente schifosissima, per sedersi vicino e provare ad ascoltare qualcuno di loro e poi tornare nelle vostre comunità».

Nessuno si salva da solo

“Nessuno si salva da solo” è il tema proposto a don Marco dagli organizzatori. Un titolo che il sacerdote ha definito «il cuore di quel discorso da batticuore», pronunciato da papa Francesco il 27 marzo dello scorso anno nel corso del momento straordinario di preghiera in piazza san Pietro. Don Marco ha iniziato la sua riflessione partendo da una frase pronunciata da Pietro contenuta nella prima lettura della liturgia odierna tratta dagli Atti degli apostoli. “Alzati: anche io sono un uomo!”; così si rivolge Pietro al centurione romano Cornelio il quale, accogliendolo nella sua casa gli si getta ai piedi per rendergli omaggio. «Gli apostoli – ha spiegato don Marco – all’inizio si erano montati la testa. Coloro che dicono che bisognerebbe tornare alla Chiesa primitiva, non conoscono le vicende di quella comunità».

Far parte di una comunità

«Le comunità attuali – ha continuato – possono vivere lo stesso dramma che hanno vissuto gli apostoli: rimanere vittime di quel giochetto sporco e porco del demonio cioè, prendere Cristo che è la bellezza e metterlo in tasca rendendolo proprietà privata». L’augurio è invece di far parte di una comunità «che quando vede un uomo che cade per terra, ha il coraggio di fermare tutto per stringergli la mano aiutandolo a rialzarsi». Prete vero che ammette di «sentire la pelle d’oca e il batticuore» quando celebra la messa, don Marco, con il suo linguaggio diretto ha riconosciuto che «siamo gente fulminata che diciamo di credere che i morti risorgeranno e di fronte a uno che ha sbagliato non esitiamo a dire, anche di fronte a Dio, che deve marcire».