VISTO&RIVISTO Un grido collettivo che tutti dovremmo fare

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Una scena del film, "La sala professori"

di Andrea Minchella

VISTO

LA SALA PROFESSORI, di Ilker Catak (Das Lehrerzimmer, Germania 2023, 98 min.).

Giustamente candidato all’Oscar quest’anno come film straniero, ma “La Zona d’Interesse” era davvero imbattibile, questa pellicola tedesca dipinge in maniera tranciante e diretta una società contemporanea, quella europea, ormai completamente smarrita.

Il bravo regista tedesco utilizza il complesso e logorato mondo della scuola come cartina di tornasole per meglio stilizzare i limiti strutturali che stanno mettendo in seria difficoltà l’Europa intera e i suoi abitanti. La scuola, dopotutto, è un’istituzione delicata che forgia, o dovrebbe farlo, le coscienze dei futuri adulti cittadini del mondo. Se l’istituzione soffre, e sembrerebbe soffrire da parecchio tempo, ecco che gli effetti si riversano sulle persone e poi su intere comunità che diventano sempre più intolleranti, intransigenti, auto referenziate, esclusive e fortemente chiuse. L’Europa di oggi è un’Europa fortemente isolata e fragile, in cui ogni tentativo di coesione naufraga a discapito di individualismi pericolosi e controproducenti.

“La Sala Professori” non è solo un bel film che da opera “morale” si trasforma egregiamente, via via che procede, in un “thriller psicologico” angosciante e serrato, ma è anche un prezioso ritratto di un mondo, quello della scuola, che non è più in grado di gestire ragazzi sempre più insofferenti nei confronti dell’autorità e sempre meno interessati ad imparare qualcosa che vada più in là di semplici nozioni. Il valore pedagogico della scuola evapora lasciando il posto ad un vuoto endemico in cui tutti hanno ragione, il più forte vince e i deboli, spesso, diventano un inconsapevole capro espiatorio su cui tutti riversano le proprie frustrazioni. L’istituzione scolastica che ci viene restituita nel bel film di Catak è un organismo ormai incapace di intercettare il disagio e l’insofferenza adolescenziale. Si corre ai ripari con regole e punizioni che farebbero inorridire gli antichi greci.

La scuola in cui si sviluppa la storia del film cerca ad ogni costo di mettere in pratica la “tolleranza zero” nei confronti di chi non vuole seguire le regole vigenti. Solo la sincera e convinta Carla crede ancora nei valori fondanti di una scuola che ormai è latitante sia nella forma che nella sostanza. Mettendosi contro gran parte degli insegnati, Carla crede che l’approccio ai ragazzi, anche a quelli più problematici, non può ancorarsi ad atteggiamenti adulti e poco democratici. I ragazzi devono capire ed imparare, e non subire punizioni a causa del loro comportamento. La posizione minoritaria di Carla scaturisce incomprensioni e astio non solo da parte degli altri insegnati ma anche da parte di molti genitori che pur di difendere i propri figli farebbero qualsiasi cosa.

I furti che all’inizio del racconto sembrano dei fatti insignificanti danno vita ad una serie sempre più drammatica di eventi in cui il sospetto, il latente razzismo, l’incapacità di gestire situazioni complesse diventano ingredienti predominanti a discapito della razionalità, dell’ascolto, del rispetto e del confronto, che dovrebbero essere alla base dell’istituzione scolastica. Prima dei ragazzi, a cui si può scusare quasi tutto, gli insegnanti si ritrovano incastrati in un pericoloso vortice di rancore e di odio che li rendono fragili e vulnerabili agli occhi degli studenti.

La vicenda de “La Sala Professori” è una vicenda universale che ogni giorno avviene in qualche angolo di Europa. Accuse infondate e amplificate da una stampa manipolata possono distruggere un individuo o una comunità intera. Poco importa se la colpevolezza può essere provata, ma ciò che conta è quanto forte può essere gridata una notizia. Nel film si susseguono eventi sempre più ingombranti che, come un domino, compongono un filo narrativo impazzito che allarga sempre più la distanza tra i professori e gli studenti, tra gli adulti e i ragazzi.

Tecnicamente perfetto, la pellicola forse si appiattisce leggermente nella seconda metà, per tornare intenso sul finale dove, addirittura, ci vengono donate tre sequenze di chiusura incastrate tra di loro come tre bambole di una matrioska. Tre sequenza finali che lasciano allo spettatore l’amaro in bocca di un declino che non sembra dare l’impressione di un imminente cambio di rotta. Amaro.

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RIVISTO

L’ONDA, di Dennis Gansel (Die Welle, Germania 2008, 102 min.).

Da un esperimento folle e innovativo che fu intrapreso in una scuola californiana degli anni sessanta scaturì un romanzo di Todd Strasser che diventò un “best seller” nel mondo e in Germania. Nel 2008 Gansel lo trasformò in un film che divise la critica.

Un professore, per meglio far capire le atrocità del nazismo e delle dittature, decide di mettere in pratica con i suoi studenti un regime autoritario. Ciò che ne consegue è una catena di eventi emblematici e violenti. Da rivedere perché sempre pericolosamente attuale.

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