25 aprile, il ‘Gnazionalismo che vorremmo

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Ignazio La Russa, presidente del Senato

di Massimo Lodi

A chi giova dividersi sul 25 aprile? A nessuno. A chi tocca il primo passo/gesto del virtuosismo saggio? A chi governa. A cosa servono le massime istituzioni se non a ridurre al minimo il residuale dissidio tricolore? A nulla.

Dunque c’è da scoprire quale arcano induca una maggioranza che non ha rivali in Parlamento a cercarsi evitabili guai. E offrire alle minoranze valide ragioni dissociative. E spaccare quando le converrebbe unire. Il presidente del Senato dichiara che la parola antifascismo non compare nella Costituzione, e serve un inaspettato assist alla neo segretaria del Pd cui non sembra vero -lei, solitamente afona/involuta- di rispondergli che l’antifascismo “…è la nostra Costituzione”.

Perché La Russa, già toppatore sul caso di via Rasella, fa il bis inducendo a farsi credere uno sfurbito azzeccagarbugli lessicale? Non sopravvaluta certo la sua loquela forense, tantomeno sottovaluta il riflesso valutativo degl’italiani, e neppure ignora come si giochi nel ruolo che occupa. Il presidente del Senato non attacca e non difende, è esentato dal vestire una maglia, lo elegge una parte affidandogli il compito di rappresentare tutte le parti.

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Massimo Lodi

Sembrerebbe semplice/scontato, invece no. Invece l’andar delle cose muove il sospetto che una misteriosa e inconsapevole hybris -questo tifo che neppure la Nord interista- riemerga, insista, prevalga. Faccia aggio su qualunque tensione inclusiva, privilegi il sentimento revanscista, allontani l’avvicinarsi/il compenetrarsi dei concetti di patria e sovranità. Confonda la forza identitaria d’un grande Paese con le debolezze di ringhiera d’una cittadella politica. Un equivoco/malinteso tanto più spiacevole, trattandosi della seconda carica repubblicana, ovvero del sostituto di Mattarella nel caso d’emergenza che lo chiamasse alla fatale responsabilità.

Ci si lamenta che la satira esageri. Ok, la satira talvolta eccede. Disconosce la leggerezza del buon gusto. Equipara popolarismo a volgarità. Ma se la si vuole ton sur ton, libera d’irridere e però obbligata dalla serietà dei fatti a ridurre lo sberleffo delle opinioni, bisognerebbe/bisogna non offrirle il destro utile a colpire.  Certo, roba (missione) non facile per degli emarginati lungamente succubi d’una sinistra egemonia, ma il vero cambiamento sarebbe di meravigliare gli avversari mostrandogli d’essere diversi da come se ne è stati sempre descritti. Eccolo, il vero 25 aprile. L’affermarsi della resistenza a lontane pulsioni. La rivoluzionaria liberazione da sé stessi, non dagli altri. ‘Gnazio, facci sognare. E diventeremo tutti ‘Gnazionalisti. Magari/perfino un giorno costituzionandolo, il ‘Gnazionalismo. 

Ps. Curioso e dimenticato.  La parola antifascismo fu sdoganata quasi 30 anni fa dalle tesi di Fiuggi, auspice Gianfranco Fini, leader del MSI-Destra nazionale e poi di An, su ispirazione di Domenico Fisichella, politologo di prestigio: “È giusto chiedere alla destra italiana di affermare senza reticenze che l’antifascismo fu un momento storicamente essenziale per il ritorno dei valori democratici che il fascismo aveva conculcato”.

Un po’ di ripasso, dai.

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