Bossi, vittima illustre dello scellerato Rosatellum

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Manifestazione contro il Rosatellum

Sorpresa, sorpresa: Umberto Bossi è stato eletto in Parlamento. Vi torna di nuovo sulla spinta del ricalcolo dei risultati elettorali che, a una prima conta, avevano escluso il Senatur dall’elezione. La Lega di Salvini lo aveva candidato proprio a Varese, città dalla quale tutto era partito e, dalla quale, nel 1987, Bossi aveva conquistato i consensi sufficienti per entrare a Palazzo Madama, da qui il soprannome di Senatur. Un’esperienza parlamentare senza soluzione di continuità, in alternanza tra Senato e Montecitorio, fino a domenica scorsa, quando, per effetto del Rosatellum, pareva dovesse rinunciare a diventare onorevole, essendo questa volta in corsa per la Camera dei Deputati. Una bocciatura clamorosa e inaspettata: il collegio di Varese era dato sicuro per il centrodestra.

Per riparare alla scoppola, Matteo Salvini, ha subito proposto per Bossi la nomina di senatore a vita, una sorta di “toppa” per evitare all’icona leghista, simbolo della Lega movimentista e pugnace sui versanti del federalismo e delle istanze del Nord, uno smacco troppo pesante. Non tanto o non solo in considerazione della salute precaria di Bossi, quanto per la sua storia politica e, appunto, per avere inventato la Lega. Accanto a Salvini, il coro dell’indignazione per l’esclusione parlamentare del Capo, cioè dello stesso Bossi.

Invece, era tutto sbagliato, tutto da rifare. Il Rosatellum ha giocato sporco, se così possiamo dire. Ha tirato uno scherzo enorme proprio al Senatur, che non pare sia l’unica vittima di una legge scellerata e complicatissima. Difficile da comprendere anche per gli esperti della materia, prodotto della malapolitica italiana, che una ne fa e cento ne pensa, anche e soprattutto in materia elettorale. Effetto flipper, definiscono il motivo per cui Bossi prima è stato bocciato e poi ripescato. Che cosa sia l’effetto flipper non abbiamo ben capito, perlomeno ne abbiamo vaga conoscenza, ma non ci avventureremo in spiegazioni che potrebbero subire smentite.

Sappiamo però che se Bossi rientra, qualcun altro paga dazio, cioè resta fuori dopo aver esultato per essere stato eletto. Sappiamo anche che il Rosatellum non permette ai cittadini di esprimere preferenze sui candidati. Si vota su liste precostituite dalle segreterie, meglio ancora, dagli stessi leader dei partiti che impongono i loro fedelissimi. Basterebbe questo per cestinare un modello inappropriato e, sotto sotto, antidemocratico. Ma ai partiti, tutti concordi nell’esprimere giudizi negativi sulla legge, va bene così. Altrimenti vi avrebbero già messo mano.

In Italia, le norme elettorali hanno tutti finti nomi latini, Italicum, Porcellum, Mattarellum, Rosatellum. Finezze lessicali che ingannano. Norme che cambiano alla velocità della luce, mentre in altri Paesi con più autorevoli democrazie sono le stesse da sempre. Massimo Gramellini, nei giorni scorsi, ha scritto sul Corriere della Sera che basterebbe copiarne l’impianto, per arrivare magari a un… Copiatellum, finalmente definitivo. Ma non accadrà. Se accadesse non ci sarebbe più motivo per piangersi addosso, né per tenere sulla corda candidati e elettori. Per il momento prendiamo atto di una situazione disastrosa, anzi, vergognosa, che consegna agli italiani una democrazia monca, che induce all’errore e mette in difficoltà proprio coloro i quali ciurlano nel manico con una legge elettorale che sembra scritta per un altro mondo. Nel quale, però, ci sguazza la politica.

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