Ciclismo, Cordiano Dagnoni: “Torniamo a far correre le bici al Franco Ossola”

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LONATE POZZOLO – Un velodromo in provincia di Varese? «Non serve costruirne uno nuovo, perché c’è già. E’ la pista ciclistica Luigi Ganna, dedicata al primo vincitore del Giro di Italia e ospitata all’interno dello stadio Franco Ossola di Varese. Peccato che da anni non si può utilizzare perché dichiarata inagibile. Poter riattivare la pista sarebbe importante per uno sport come il ciclismo.  Da anni ci stiamo provando, ma senza riuscire nemmeno a intavolare il discorso con l’amministrazione». Chi parla è Cordiano Dagnoni, presidente del Comitato Regionale Lombardo della Federazione Ciclistica Italiana, che l’altro giorno ha incontrato Fabrizio Iseni, editore di Malpensa 24 e grande appassionato di ciclismo.

Cordiano Dagnoni per quale motivo vorrebbe rivedere correre le bici sull’anello di Masnago?
«Per uno sport come il ciclismo le infrastrutture sono fondamentali. Purtroppo però non ne abbiamo. Basti pensare che in tutta la Lombardia esiste un solo velodromo coperto ed è a Montichiari. Quello, per intenderci, che ha permesso a Viviani di conquistare le Olimpiadi. Ecco perché sarebbe importante poter disporre di qualche struttura in più. Tutto il ciclismo ne trarrebbe un grande giovamento. Soprattutto quello giovanile».

Ma Masnago è inagibile da anni.
«Lo so e non riesco a comprenderne il motivo. Pare sia dovuto ai tagli che presenta la pista nell’area delle paraboliche. Ecco quelle non sono fratture causate dall’usura, ma tagli strutturali per compensare le dilatazioni termiche. Più volte abbiamo provato a ragionare con il Comune, senza però riuscire a portare avanti il discorso».

Perché sarebbe importante per i giovani disporre di queste strutture?
«Innanzitutto per i bambini. Potrebbero allenarsi senza dover andare necessariamente sulle strade. Sarebbe un luogo sicuro, insomma. Ma l’assenza di velodromi non è l’unico problema. Il nostro sport paga anche la mancanza di ciclodromi o comunque di strutture dove i più giovani possano andare in bici senza troppe preoccupazioni. Anche da parte dei genitori».

Vero, ma quello che più emoziona è il ciclismo su strada, non quello in pista. E’ così?
«Ogni specialità del ciclismo regala emozioni. Io sono convinto ad esempio che per i più piccoli, almeno fino ai 9 o 10 anni, la cosa migliore sia la Bmx. Una disciplina spettacolare, che si disputa in circuiti chiusi. In sella a quelle bici i ragazzini saltano, fanno evoluzioni, ma soprattutto imparano a stare e ad andare in bicicletta. Anche qui, per “spingere” la bmx servirebbero più strutture. E torniamo al punto di partenza».

Insomma quando si parla di ciclismo, fa fatica chi pedala, ma anche chi organizza. Come mai?
«Vero e i motivi sono tanti. Le norme vigenti ad esempio. Oggi anche chi organizza gare deve rispettare un regolamento che può avere senso per le manifestazioni di grandissimo respiro, ma che si fatica a comprendere se si fa una gara giovanile in un paese di provincia. Ma non è solo questo».

Che altro?
«Porto l’esempio della Gran Fondo “Felice Gimondi” che si è disputata a Bergamo. Ecco per l’occasione è stato chiesto alla società organizzatrice di coprire finanziariamente gli straordinari del personale impegnato a fare servizio e assistenza lungo il tracciato. Dopo qualche giorno è passata la Mille Miglia e, se non sbaglio, il comune ha stanziato soldi per averla sul proprio territorio. Insomma non siamo nemmeno messi bene con le amministrazioni comunali. Ormai quelle che accettano di avere una gara sul proprio territorio sono sempre di meno, oppure concedono permessi per ricavare il tracciato nelle zone di periferia. In questo modo la manifestazione perde la forza di coinvolgere la comunità, come invece avviene quando si corre sulle strade dei centri urbani».

Possibile che non ci siano sindaci appassionati o che credono in questo sport come volano di promozione del proprio territorio?
«Per fortuna ci sono e anche in provincia di Varese. Qualche settimana fa a Taino si sono disputati i Campionati Italiani Under 23. Ci sono stati sindaci dei paesi coinvolti che non solo hanno apprezzato l’evento, ma si sono già resi disponibili a ospitare ancora gare di ciclismo di questo livello. Un’eccezione, anche se sarebbe bello che diventasse la regola».

Ci sarà pur qualche soddisfazione però?
«Ma certo. La prima è che dopo anni in cui questo sport ha pagato dazio per le note vicende legate al doping, è tornato a essere una disciplina amata dalla gente e dai giovani. E’ stato fatto un grande lavoro in tal senso e il ciclismo ha saputo recuperare e rimettere al centro i veri valori, ovvero la fatica, gli allenamenti, la sofferenza. C’è stato insomma un cambio di mentalità sia da parte dei dirigenti sia da parte degli atleti».

I numeri però sono quelli che contano. Quali sono i dati più significativi a livello regionale?
«In Lombardia contiamo oltre 700 società di cui almeno 300 hanno la categoria dei Giovanissimi dai G1 ai G6. L’intero movimento è fatto da oltre 24 mila tesserati, dei quali 3 mila sono bambini. Inoltre abbiamo registrato un incremento di affiliati amatoriali. Se poi guardiamo la classifica dei Comitati regionali, al primo posto c’è la Lombardia, seguita da Veneto e Piemonte. Dall’ottavo posto al all’undicesimo poi abbiamo il Comitato provinciale di Bergamo (8°), quello di Brescia (9°) e Milano (11°). Non male direi».

E a Varese?
«Niente picchi, ma nemmeno flessioni. Anche da Varese arriva la conferma di un incremento numerico per quanto concerne gli amatori. Questo è molto importante, poiché le entrate legate al tesseramento ci consentono di investire maggiori risorse sull’attività giovanile nei confronti della quale abbiamo una grandissima attenzione».

 

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