Diana, lasciata morire a 16 mesi. E un padre che non sa di esserlo

MILANO – Un padre senza nome, che è stato privato del diritto di esserlo e di piangere una figlia che non ha mai stretto tra le braccia prima, perché non sapeva neppure della sua esistenza, per scelta di una donna che nella sua vita ha calcolato tutto, meno che sua figlia, tanto da lasciarla morire da sola, di stenti, dopo averla abbandonata in casa per trascorrere una settimana con il “nuovo compagno”. È questo il dramma nel dramma toccato alla piccola Diana, 16 mesi, la cui breve e indifesa vita è iniziata nel bagno di un appartamento di Leffe, a Bergamo, dove chi l’ha generata (perdonateci se non la chiamiamo madre), ha giurato al compagno di non aver mai saputo di essere incinta.

È nata prematura, e per questa ragione ha trascorso da sola, in ospedale, il suo primo mese di vita. Nessuna foto della piccina appesa alle pareti, nessuna culla, a parte qualche regalo “a scrocco” da parenti e pochi amici per un presunto battesimo mai celebrato, nessuna passeggiata o gioco tra madre e figlia, in casa della donna non c’erano altro che specchi e vestiti per fare i selfie.

Alessia Pifferi, così si chiama la donna che le ha dato la vita e gliela ha tolta, è partita per Montecarlo con il compagno. “Volevo passare il mio tempo con lui”, dirà più tardi agli inquirenti, quando il corpicino di Diana, ormai freddo e rassegnato, era già in viaggio verso l’istituto di Medicina Legale di Milano. A quel compagno ha mentito per la prima volta proprio quando la piccola è venuta alla luce, dicendo di non avere idea di chi fosse il padre, quando invece non è così. Poi gli ha mentito dicendo che sua madre era morta di Covid, quando invece è viva e vegeta, e ancora quando ha lasciato Diana a casa da sola, con porte e finestre chiuse a 40 gradi, senza possibilità di sopravvivenza, dicendo che era con sua sorella.

Sull’identità del padre della piccola, ha poi tentato di propinare agli investigatori la stessa storiella, ma loro non le hanno creduto e alla fine lei ha ammesso di sapere chi sia, ma di non avere intenzione di dirglielo adesso. Neppure oggi Diana viene rispettata. Forse, se gli avesse parlato subito, oggi quel batuffolo di luce sarebbe viva, con lui e al sicuro. Forse sarebbe in un istituto, o già tra le braccia di genitori amorevoli, desiderosi di accoglierla nelle loro vite. In questa vicenda, oltre alle responsabilità della donna, moralmente tutti coloro che hanno visto, ascoltato, che sapevano come Pifferi non volesse di fatto prendersi cura di sua figlia, hanno una responsabilità. Non c’è dubbio.

milano diana padre – MALPENSA24