Doppio stupro in treno a Venegono, l’accusa chiede condanne a 8 e 9 anni

VENEGONO INFERIORE – Doppio stupro in treno: il pubblico ministero Lorenzo Dalla Palma ha chiesto una condanna a 8 anni e un mese per Anthony Fusi Mantegazza e a 9 anni e 2 mesi per Hamza Elayar. Sul punto dei mancati riconoscimenti in aula, il Pm ha sottolineato come la vittima della prima aggressione abbia in realtà immediatamente riconosciuto fotograficamente entrambi gli imputati cercando poi – comprensibile – di superare la violenza subita con l’aiuto di una psicologa. “Superare significa anche rimuovere“.

L’account Google

Sull’account google di uno dei due imputati, agganciato a Tradate in un locale al momento delle aggressioni, la Procura ha ribadito come a quell’account erano associati cinque dispositivi. Il fatto non prova, a parere dell’accusa, che Fusi Mantegazza si trovasse davvero a Tradate. Da pochi minuti è iniziata la discussione dei difensori. La prima a concludere è l’avvocato Monica Andreetti, difensore di Fusi Mantegazza.

Le mancate identificazioni

Se il principio cardine deve essere quello del ragionevole dubbio oggi le difese hanno messo sul piatto argomenti molteplici. Ricordando, in diverse occasioni che l’onere della prova spetta all’accusa e chiedendo, al termine della discussione l’assoluzione per entrambi gli imputati. I difensori sostengono che ad aggredire sessualmente le due vittime non sono stati gli imputati. E sono stati gli stessi legali, da subito al termine di indagini difensive, a indicare un’altra pista. A fare addirittura altri due nomi. Quelli di due giovani marocchini presenti nell’abitazione di Fusi Mantegazza al momento dell’arresto. Gli stessi per i quali oggi il pubblico ministero ha chiesto alla Corte di acquisire gli atti relativi alla loro identificazione avvenuta attraverso il consolato del Marocco a Milano. Uno dei due risulta irreperibile. L’altro risulta domiciliato nel sud Italia. La Corte ha rigettato la richiesta.

Le vittime in aula non hanno riconosciuto i loro aggressori. Solo una delle due li ha riconosciuti dopo l’arresto attraverso fotografie: come ha sottolineato Maurizio Punturieri, codifensore con l’avvocato Fabio Bascialla di Elayar, il riconoscimento è avvenuto solo dopo due ore. E non è stato confermato in aula. Una delle due ragazze ha però invece riconosciuto, davanti alla Corte, sempre attraverso fotografia, il “terzo uomo”, ovvero uno dei due sospetti indicati dalle difese.

Il colbacco e il DNA

L’avvocato Andreetti ha inoltre introdotto il tema del colbacco: ovvero il cappello che uno dei due aggressori indossava. Su quel cappello, che, così scrisse il Pm, avrebbe dovuto fornire una prova fondamentale per la soluzione del caso, non sono state trovate tracce biologiche di nessuno dei due imputati. E ancora sull’account Google: il difensore ha ricostruito tutti i movimenti di giornata di Fusi provando che il telefono in questione era in uso al solo Fusi Mantegazza. Che, secondo la difesa, si trovava appunto in un locale al momento dello stupro.

Il ragionevole dubbio

E sulla confessione dell’imputato l’avvocato ha chiarito riportando una perizia già prodotta che riconosce una condizione mentale del ragazzo affetto da deficit dovuto ad ansia cronica, ipotizzando quindi una sorta di “falsa confessione” dovuta ad una disabilità intellettiva del ragazzo. Dura la chiosa dell’avvocato Punturieri: «O vi è un’identificazione certa, o non si può condannare». E si torna al ragionevole dubbio.

Venegono doppio stupro treno – MALPENSA24