Elezioni in provincia, chi farà un sol boccone di Forza Italia

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Per Forza Italia saranno le elezioni della sopravvivenza. Quanto meno in provincia di Varese, nelle principali città dove si voterà in autunno, il capoluogo, Busto Arsizio e Gallarate. Proprio in difesa della loro identità, i berlusconiani hanno fatto e fanno i capricci, all’inizio ponendo sul tavolo una serie di richieste, compreso un loro candidato a sindaco in uno dei centri maggiori; poi, a fronte dei reiterati no degli alleati leghisti e meloniani, riducendo le pretese fino al veto per liste a sostegno dei possibili primi cittadini del centrodestra che includano esponenti di riconosciuta provenienza partitica, vecchia o nuova che sia. In altre parole, liste civiche pure. La richiesta, rinnovata dal direttivo riunito venerdì 28 maggio, è motivata dal fatto che, essendo i tre candidati dello schieramento (Maroni a Varese, Antonelli a Busto Arsizio e Cassani a Gallarate) espressione della politica, dovrebbero fare a meno di supporter diretti con esperienze appunto nei partiti.

A prima vista sembra questo un pretesto per dire “ci siamo anche noi, dovete ascoltarci”, in buona sostanza è la linea del Piave di una formazione che fatica a ritrovare sé stessa dopo quanto le è accaduto sul versante giudiziario: ha perso la faccia e una serie di uomini di riferimento che, nel bene e nel male, la rappresentavano nel Varesotto. Ora sta cercando di recuperare immagine, credibilità e capacità di interlocuzione. Si muove nell’ambito del centrodestra, ai livelli alti afferma di lavorare per l’unità della coalizione, ma i suoi militanti sanno perfettamente che niente è più come prima. A cominciare dal fatto che Lega, Fratelli d’Italia e parenti affini non consentiranno loro di avanzare altre pretese. Anzi, formando liste collegate ai candidati sindaci proveranno ad arruolare scontenti, disillusi, opportunisti in uscita dal partito azzurro, che anche per questo pone il veto di cui sopra.

Nicola Mucci, che di Forza Italia è oggi uno degli esponenti più svegli, sostiene che li stiano turlupinando. Siamo d’accordo con lui: leghisti e “fratelli” hanno intenzione di papparsi tutto quanto riusciranno a papparsi, lasciando le briciole, e forse nemmeno quelle, agli altri. Non a caso sostengono che la spartizione dei posti (sono i posti il vero oggetto del contendere, il resto è fumo negli occhi) avverrà soltanto ad urne chiuse, con la conta dei voti. Per i quali voti, i sondaggisti danno in drammatico declino proprio i forzisti della nostra provincia. Che, se rimangono a ruota dei più forti soci della ditta, rischiano di scomparire.

Vero, i forzisti sono l’ultimo baluardo dei cosiddetti moderati, che non voterebbero mai formazioni sovraniste o di destra spinta. Ma neanche sceglierebbero un partito che sembra tanto in via di estinzione, elettori pronti a rivolgersi alla liste civiche e centriste che vanno formandosi in vista delle elezioni un po’ dappertutto. Non solo, ma il pullulare di gruppi di ispirazione politica nazionale, che fanno riferimento proprio all’area moderata, non rappresenta una garanzia di scontata continuità per Forza Italia. Priva, al momento, anche della spinta carismatica del suo leader Silvio Berlusconi.

Per rimanere alla provincia di Varese, Forza Italia ha soltanto una via d’uscita: affrancarsi dal centrodestra, rimettendosi in gioco da sola o con intese d’area. Ma per rinnegare un patto sancito a Roma prima ancora che a Varese ci vuole coraggio. Non tanto per schierarsi con Coraggio Italia di Toti e Brugnaro, quanto per rinunciare consapevolmente alle piccole rendite di posizione che, restando legati al centrodestra, qualcuno potrebbe avere ancora garantite. Qui sta il punto, le piccole rendite di posizione che non si vogliono perdere, così che le aspirazioni autonomiste di parte dei forzisti varesini saranno bellamente mortificate. In nome di una unità che sembra un dogma, ma invece è l’occasione per fare un sol boccone del partito che un tempo era dominante in provincia di Varese e che ora invece boccheggia.

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