Elezioni provinciali: passo indietro di Antonelli, centrodestra in mezzo al guado

Il passo indietro di Antonelli: il presidente scende dalla giostra delle provinciali

VARESE – Emanuele Antonelli pare abbia deciso: non correrà per succedere a se stesso sul trono di presidente della Provincia. La decisione ultima, c’è chi racconta, l’avrebbe presa in maniera definitiva ieri (lunedì 19 dicembre) dopo una riunione con i consiglieri provinciali e un summit con alcuni leader del centrodestra in tarda serata. A far decidere il presidente in carica per il ritiro della disponibilità sono stati i numeri: la coalizione, infatti, non gli garantirebbe il consenso necessario per la riconferma.

E ora? Al momento in campo, come nel film Highlander – L’ultimo degli immortali di Russell Mulcahy, ne è rimasto uno solo: Marco Magrini.

La rinuncia di Antonelli

Emanuele Antonelli, negli annali della politica provinciale, passerà alla storia come il presidente che (con la sua “giunta” e il lavoro di Marco Riganti, consigliere che ha tenuto in mano i conti di Villa Recalcati) ha risanato l’ente e chiuso l’amara era del dissesto. Ma anche come l’uomo che non ha saputo coagulare in maniera compatta il consenso elettorale della coalizione. Poiché, va detto, il suo partito, Fratelli d’Italia (soprattutto a livello regionale) ha spinto per la sua ricandidatura, tanto che fino all’ultimo l’uomo ha giocato la partita per restare l’unico candidato possibile sulla piazza. Ovvero: ha fatto slittare le elezioni per tagliar fuori dalla corsa alla presidenza gran parte dei sindaci, ma soprattutto Mattia Premazzi, primo cittadino di Vengono Inferiore dal largo consenso (sulla carta); e ha poi forzato la mano per imporre il passo indietro a Pietro Zappamiglio, sindaco di Forza Italia ed esponente del partito al quale spettava la candidatura.

Ognuno si assuma le proprie responsabilità

Antonelli con il passo indietro evita il rischio di una debacle e salva la ghirba in vista di qualche prossima corsa elettorale più nobile (Europee?). Ma a venirne fuori nel marasma più completo è il centrodestra che non è stato capace, da un lato di difendere il suo presidente («anche se – dice qualcuno – era davvero nostro quando era civico») e dall’altro non ha costruito un’alternativa forte e soprattutto aggregante. L’elenco dei nomi che sono stati fatti girare nelle scorse settimane (tutti bruciati) è, infatti, piuttosto lungo: tutti di bandiera, mai nessuno condiviso. Nemmeno Pietro Zappamiglio evidentemente ha convinto fino in fondo la coalizione che sta al governo a Villa Recalcati. Tanto che non sono poche le voci nel centrodestra che pongono il problema politico: «Qualcuno deve assumersi la responsabilità della mancanza di un nostro candidato. Qua c’è chi ha voluto evitare di andare al voto qualche settimana fa e ora non ha nemmeno il coraggio di metterci la faccia». Insomma, tira aria da resa dei conti.

Candidato unico? Calma

Il passo indietro di Antonelli era nell’aria (i numeri, con l’uscita di scena di Premazzi non ci sono più stati), ma pur essendoci in campo un solo candidato è ancora presto parlare di nome condiviso da tutto l’arco politico. Primo perché il centrodestra deve ancora metabolizzare lo shock di non avere un proprio uomo in corsa. Certo, nelle chiacchiere da corridoio erano in tanti a sostenere che il sindaco di Busto non aveva le carte in regola. Ma un conto è parlarne e un conto è guardare in faccia alla realtà. Secondo: il tema resta sempre “cosa fa la Lega”: apre un dialogo con Magrini o gioca di sponda in attesa che qualcuno fuori dagli schemi decida di lanciare la sfida? A oggi, possiamo dire che l’ipotesi più scontata difficilmente è il cavallo giusto su cui puntare. E Magrini lo sa, e per questo non parla e sorride.