Emergenza ospedali, la lezione del sindaco di Locri

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Sul suo profilo Facebook, Giovanni Calabresi, sindaco di Locri (attenzione, Locri), s’indigna per gli ascensori guasti dell’ospedale della cittadina calabrese. “Una vergogna” scrive dopo il decesso di un paziente che, forse a causa di tale intoppo tecnico, non è arrivato in tempo utile in Cardiologia, così che i medici potessero intervenire e salvargli la vita. L’episodio avrà uno sviluppo giudiziario. Ne hanno parlato giornali e televisioni, com’è normale che sia. Il sindaco Calabresi, partendo dal guasto degli ascensori, ha avuto modo di denunciare la grave situazione sanitaria che coinvolge un bacino di 150mila persone.

Perché raccontiamo questo episodio? Per il semplice motivo che i sindaci delle città e dei paesi che fanno riferimento agli ospedali di Gallarate e Busto Arsizio, da mesi alla ribalta delle cronache per una serie di riconosciute carenze strutturali e di organici, sembrano non accorgersi di un contesto ad alto rischio, messo in luce dagli stessi addetti ai lavori, finito su tutte le prime pagine e, fino a prova contraria, mai affrontato con spirito risolutivo in sede amministrativa.

Il disinteresse, quanto meno apparente, rispetto a tutto ciò trova giustificazione nelle specifiche competenze: la gestione della sanità non compete ai Comuni, ma alla Regione. I Comuni hanno però una responsabilità morale ed oggettiva in rapporto agli ospedali: in gioco c’è la salute dei loro cittadini e già solo per questo, sindaci e assessori, dovrebbero prendere posizione, farsi sentire, alzare la voce. Ma dalle nostre parti sono silenti, quanto meno defilati rispetto a vicende prossime all’emergenza. Perché? A noi viene il sospetto che lo siano per ragioni di contiguità politica, per non “disturbare” il presidente o l’assessore di Palazzo Lombardia, in scia ai partiti che li esprimono e, a loro volta, affrancati dallo scendere in campo per pretendere la necessaria considerazione che risolva o, perlomeno, attenui i problemi. Salvo non ci siano alle viste questioni elettorali, quando cioè è lecito berciare per ottenere il consenso alle urne. Ma solo in quel caso e in situazioni calcolate, che non danneggino la bandiera sotto cui si milita.

Eppure, i primi cittadini di Busto Arsizio e Gallarate sono spesso convocati in Regione per discutere del progettato ospedale unico. Una soluzione a lungo termine, come noto. Che impone di affrontare subito l’esistente, per non incorrere in conseguenze gravi e irrecuperabili. Un esempio? Il ginepraio dei pronto soccorso, irrisolto e, a conti fatti, mai affrontato con decisione. Certo, le amministrazioni civiche hanno mille guai a cui badare. Però ci sono le priorità. La salute collettiva o dei singoli è una di queste. L’ha capito il primo cittadino di Locri; possibile che i suoi colleghi del Nord che lavora e che produce, che fa la differenza con le sue eccellenze e tiene in piedi l’intero Paese, debbano farsi bagnare il naso in questo modo?

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