«Epatiti in calo, ma a volte silenti: serve lo screening». A Busto 2000 pazienti trattati

Barbara Menzaghi, dirigente medico di malattie infettive a Busto Arsizio

BUSTO ARSIZIO – Epatiti in calo, ma rimangono la seconda principale malattia infettiva killer in assoluto. L’impegno di ASST Valle Olona: sono oltre 2000 i pazienti trattati con i nuovi farmaci DAA all’ospedale di Busto Arsizio. A rivelarlo è Barbara Menzaghi, dirigente medico del reparto di malattie infettive, alla vigilia del 28 luglio, giornata mondiale delle epatiti, decretata dall’OMS. «Ma sia l’epatite B che la C possono rimanere asintomatiche anche per anni. Ecco perché è importante lo screening: una diagnosi precoce può salvare vite».

I numeri

Circa 325 milioni di persone affette da epatite B e C nel mondo, per un milione e 400mila decessi ogni anno. In Italia l’incidenza per entrambe le tipologie è in calo, ma dopo la TBC questi processi virali sono, a tutt’oggi, la seconda principale malattia infettiva killer. E le persone che contraggono questa malattia si infettano 9 volte in più rispetto all’HIV. «Possono rimanere “silenti” per diversi anni: molte persone convivono per anni con l’epatite, ma non sanno di esserne affetti – sottolinea la dottoressa Menzaghi – se non vengono trattate nel modo corretto, con il tempo è possibile che degenerino in cirrosi epatica o epatocarcinomi». Fare più screening è l’unica soluzione per eradicare queste patologie.

La trasmissione e i sintomi

Il virus dell’epatite B si trasmette «o tramite rapporti sessuali o per mezzo di sangue infetto», mentre per l’epatite C «è più frequente la trasmissione ematica, o via parenterale inapparente, cioè per mezzo di poche gocce di sangue». II problema è che «in generale all’esordio – per la B – possono non manifestarsi sintomi eclatanti – come sottolinea il medico di ASST Valle Olona – spesso i riscontri sono puramente occasionali», mentre anche per la C è «più semplice che la malattia passi silente, senza fasi acute». E anche se c’è più sensibilità sul tema, per Barbara Menzaghi «lo screening andrebbe esteso e reso più capillare, così da raggiungere i dati che noi specialisti auspichiamo».

Le terapie

Da un lato, per l’epatite B «la terapia oggi è a base di farmaci antivirali», che «non fanno guarire, ma riducono l’evoluzione della patologia», anche se «occorreranno ulteriori anni per arrivare ad un farmaco che eradichi del tutto il virus». Dall’altro, l’epatite C già dal 2015 si cura con «farmaci antivirali diretti, ben tollerati, che vengono assunti per bocca», una terapia «di breve durata, circa 2-3 mesi, che non presenta effetti collaterali e ha un’efficacia che si attesta sopra il 95%». Nel presidio di Busto Arsizio, fa notare Menzaghi, «ad oggi, abbiamo trattato con i nuovi farmaci oltre 2.000 pazienti, sia interni che provenienti da altre realtà quali il SERD e il carcere, o da altri presidi ospedalieri».

L’ultima forma: la Delta

E poi c’è l’epatite Delta, «un “parassita” dell’epatite B, con bassa incidenza. Esiste solo se quella B è già presente, perché da sola non riesce a replicarsi, comunque con incidenza è estremamente bassa – rivela la dottoressa – nei nostri pazienti, la percentuale di chi è affetto anche dalla variante Delta è irrisoria (parliamo di uno storico di 3-4 pazienti in tutto). Alcune volte si tratta di soggetti stranieri, di provenienza asiatica come Pakistan e Bangladesh, o di ex tossicodipendenti».

busto arsizio epatiti ospedale – MALPENSA24