Gli ex della politica che non mollano l’osso

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Marco Reguzzoni, Fabio Lunghi, Donato Lozito

La sindrome dell’ex. Colpisce politici o personaggi che in passato hanno ricoperto incarichi pubblici di vertice. Oggi vorrebbero recuperare ruoli che, per le più disparate ragioni, hanno perduto. Obiettivi che vengono posti attraverso percorsi chiari, poco chiari, opachi. In alcuni casi dissimulati dentro iniziative che, nelle intenzioni, si collocano o, meglio, provano a collocarsi in posizioni collaterali alla politica, con programmi a supporto del sistema, lanciati in pompa magna in convention che funzionano da battesimo del fuoco per i loro promotori. Due su tutti: Marco Reguzzoni e Fabio Lunghi. Il primo, addirittura tra i protagonisti della Lega di Bossi, uscito di scena di sua sponte e in contrasto con la linea di Matteo Salvini. Il secondo, presidente della Camera di Commercio varesina, decaduto dall’incarico per termine del mandato.

Tutte e due, Reguzzoni e Lunghi, persone di esperienza. Per dirla in un altro modo, titolate e con competenze acclarate, che sarebbe un peccato disperdere. Persone finite però ai margini del circo politico e istituzionale, desiderose di tornare sulla scena passando per associazioni culturali costituite, guarda caso, proprio da loro, caratterizzate da attività sociali e di formazione, con l’ambizione di contribuire a cambiare situazioni farraginose del contesto italiano. Si tratta de I Repubblicani, per quanto riguarda Reguzzoni che ripropone la vecchia operazione del 2015, richiamandosi ai Tea party americani. Di ConcretaMente, invece, per Lunghi. Tentativi di (ri)guadagnare terreno, riconquistando visibilità e funzioni. Né più né meno quanto prova a fare Donato Lozito, vecchia volpe di matrice democristiana, versante doroteo, bocciato alle amministrative di Gallarate e, ora, accasatosi (non a caso) in Forza Italia. Anche lui alla ricerca di un incarico che ne tratteggi le capacità e, più semplicemente, lo rimetta in sella.

Sono soltanto alcuni esempi dei movimenti in corso in provincia di Varese, capoluogo compreso, che chiamano in causa numerosi e attuali attori del contesto pubblico, pronti al famoso “salto della quaglia” se consigliato dalle opportunità. Lesti a saltare sul carro dei vincitori per incollarsi a qualche poltrona o strapuntino lasciati liberi. Operazioni molto diffuse in una politica al ribasso, che propone alcune eccellenze e una moltitudine di amministratori non sempre all’altezza, inadeguati. Che però sgomitano e rendono tortuosa la strada a chi, meglio di loro, potrebbe occupare posti di rilievo. Ma non è detto che non facciano comodo ai capi. È la conseguenza dello sfarinamento o, meglio, dell’inconsistenza dei partiti, sempre più “ditte” a trazione personale, sempre meno aggregazioni che si reggono su principi e ideologie riconosciute.

È all’interno di una tale nebulosa che si riaffacciano gli ex. Chi con velleità nazionali, chi pensando alla candidatura a sindaco di Gallarate, per dirne una. Certo, se ne chiedessimo conto non confermerebbero mai di essere lì con orizzonti da ricondurre anche alla sfera politica autoreferenziale. Come nessuno di coloro i quali, con radici nella prima Repubblica e pesanti inciampi giudiziari alle spalle, ammetterebbe mai l‘attività di consulenza (chiamiamola così) offerta dietro le quinte a partiti, partitini, liste civiche nascenti o già in marcia. Una presenza, la loro, che c’è ma non si vede. Siamo al cospetto di un altro tipo di ex, in un certo senso afflitto dal virus della politica, dal quale non riesce ad affrancarsi. Che sia un male, non sapremmo dire. Se non altro, per come li abbiamo conosciuti, hanno contezza della politica. Il tutto, al netto dell’aforisma siciliano: “Cumannari è megghio di futtiri”. Per chi non l’avesse capito: comandare è meglio che fare l’amore.

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